“Cinismo fiscale” attacca il vice presidente del Senato Chiti che porta il caso in aula: “Come si fa a vivere con questa cifra?”
Vivere con nove euro al mese, a gennaio e anche a febbraio. Capita a una pensionata. Come lei, altre decine, forse centinaia di pensionati, «falcidiati» dalla burocrazia Inps. Nove euro al mese è quanto resta di una pensione di 583,53 euro dopo che l’Inps ha deciso di recuperare in due uniche soluzioni ritenute fiscali 2010 per 900 euro. Non che la pensionata in questione, un’ottantenne di Pistoia in precarie condizioni di salute, sia diventata improvvisamente ricca. Nel 2010 non ha vinto al lotto, non ha ricevuto favolose eredità, non ha avuto alcuna entrata straordinaria. Ha solo perso il diritto a riscuotere una parte della sua già misera pensione che le derivava dalla reversibilità del sussidio del coniuge. L’Inps ha diritto a trattenere la quota erogata e percepita indebitamente dall’anziana. Potrebbe farlo, umanamente e saggiamente, spalmando il recupero almeno nei dodici mesi 2011. Invece impone la restituzione nei primi due mesi dell’anno. E la pensione dell’anziana evapora, svanisce.
«Indegno, un’inammissibile applicazione burocratica delle norme» insorge il vice presidente del Senato, Vannino Chiti, che in una interrogazione, presentata assieme agli altri senatori della commissione lavoro del Pd, denuncia la situazione di estremo disagio «causata ai numerosi anziani ai quali l’Inps ha ricalcolato le ritenute fiscali dell’intero anno 2010 recuperandole integralmente nei soli mesi di gennaio e febbraio 2011».
«Come se niente fosse — sottolinea il senatore Pd — l’Inps ritiene che un cittadino in Italia possa vivere con 9 euro al mese. Si è di fronte a casi nei quali il cinismo burocratico non si rende conto della realtà che vive buona parte degli anziani del nostro Paese. E’ inaccettabile — continua Chiti — che persone, già in condizioni precarie e a rischio povertà, siano costrette a fronteggiare tali difficoltà. Ci attendiamo — conclude Chiti — un chiarimento da parte del governo e un intervento della stessa Inps per porre rimedio a queste situazioni, dilazionando il recupero in un tempo assai più ampio. Donne e uomini anziani, che dopo una vita di lavoro, devono far fronte ai problemi della quotidianità con meno di 600 euro al mese, avrebbero bisogno in un paese avanzato di sostegno e pensioni adeguate e non meritano certo trattamenti simili».
(01 febbraio 2011)
firenze.repubblica.it/
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