scritta da Marco Travaglio per Micromega.
1992
FEBBRAIO Il 17 viene arrestato Mario Chiesa e si apre una voragine inaspettata su un sistema di corruttele fino ad allora inesplorato.
APRILE. Antonio Di Pietro comincia a dare fastidio. Il Gico di Firenze comincia ad indagare sull'Autoparco della mafia a Milano. Nel mirino c'è il IV distretto di polizia, lo stesso in cui Di Pietro lavorò come commissario nel 1981.
AGOSTO. Tre corsivi anonimi sull'Avanti! gettano "dubbi su alcuni aspetti non chiari di Mani Pulite" e su Di Pietro, "tutt'altro che l'eroe di cui si parla". Il 5 agosto Giuliano Amato destituisce dopo soli 11 mesi il capo del Sismi generale Luigi Ramponi ("volevano avere mano libera", dirà l'ufficiale).
SETTEMBRE. Il verde milanese Basilio Rizzo denuncia a Brescia che un ex ufficiale dei carabinieri sta girando l'Italia per raccogliere notizie sulla vita privata di Di Pietro. Due amici di "Tonino" ricevono offerte di denaro per raccontare che il pm fa uso di droga. L'invito viene da un tal Pagnoni, intimo di Pillitteri e della consorte Rosilde Craxi: ma tutto verrà archiviato senza troppe indagini. Intanto Parisi (allora capo della Polizia) va a trovare Craxi per raccontargli della Mercedes di Tonino e di un suo misterioso viaggio in Svizzera con l'avvocato Giuseppe Lucibello. Poi gli mostra i tabulati Sip delle telefonate, raccolti "del tutto casualmente da corpi di polizia". Sara' lo stesso Craxi a raccontarlo.
In quel mentre, secondo alcuni pentiti, Cosa Nostra progetta di eliminare Di Pietro insieme a Falcone e Borsellino.
1993
FEBBRAIO. Craxi, a seguito dei tanti avvisi di garanzia, si dimette da segretario del Psi.
Fa il suo esordio la Falange armata (oggi sospettata di legami con i servizi), con le prime minacce contro Mani Pulite.
MARZO. Claudio Martelli, nei guai per il conto Protezione (per il quale e' stato condannato in appello nel 2001), si dimette da guardiasigilli. Il governo Amato vara il primo colpo di spugna (decreto Conso sul finanziamento illecito), respinto da Scalfaro.
Rogatoria di Di Pietro a Hong Kong sui conti di Craxi e contemporaneo messaggio della Falange armata: "A Di Pietro uccideremo il figlio".
APRILE La Camera nega l'autorizzazione a procedere per Craxi.
GIUGNO. Arrestato per tangenti il primo manager Fininvest, Aldo Brancher.
LUGLIO. Il giorno 12, Berlusconi ordina via fax al suo GIORNALE di sparare a zero sul pool. Montanelli e Orlando rifiutano.
In compenso, il 17, il SABATO ciellino-sbardelliano pubblica un dossier sulle presunte malefatte di Di Pietro in combutta con gli amici Claudio Dini (ex presidente della metropolitana milanese), Rea, Radaelli, D'Adamo. C'è la garçonnière, c'è il telefonino cellulare, c'è il presunto favoritismo pro Radaelli: tutta roba che tornerà utile più tardi, spacciata per nuova nel '97. Manca solo una precisazione: tutti i suddetti sono stati arrestati o inquisiti da Di Pietro e dal pool.
NOVEMBRE. Mentre Craxi e Forlani vengono chiamati in causa nel processo Cusani, Berlusconi e Dell'Utri predispongono l'operazione Forza Italia.Il Gico di Firenze raccoglie fuori verbale le confidenze di un pentito, Salvatore Maimone, sulle ipotetiche coperture offerte alla mafia dell'Autoparco da mezza procura di Milano: Di Pietro, Spataro, Di Maggio, Nobili. Il processo Autoparco dimostrerà che l'indagine del Gico era costruita sul nulla.
1994
MARZO. E' il mese delle elezioni politiche. Dopo l'arresto in febbraio di Paolo Berlusconi, il giorno 13, IL GIORNALE associa i nomi di Piercamillo Davigo e Francesco Di Maggio al giudice corrotto Diego Curtò e a Salvatore Ligresti: sarebbero tutti legati ad una cooperativa edilizia. Non è vero niente, e Feltri verrà condannato.
Intanto, Di Pietro stringe per la rogatoria a Hong Kong sul bottino di Craxi: la prova che Bettino gestiva il proprio, tramite Giancarlo Troielli, qualche decina di miliardi. Riecco puntuale, il giorno 15, la Falange armata: "Ammazzeremo Di Pietro".L'indomani Berlusconi rende visita al procuratore generale di Milano Giulio Catelani, con un esposto sui presunti abusi del pool nelle pequisizioni a Publitalia. Catelani comincia a fare la spola tra Milano e Roma, per convincere il ministero a sguinzagliare gli ispettori contro Borrelli & C.
APRILE.Il 29, nell'aula del tribunale dove si attende la sentenza Cusani, viene ritrovata una finta bomba contro Di Pietro, PM nel processo.
MAGGIO. Vinte le elezioni, Berlusconi offre il ministero dell'Interno a Di Pietro, la Giustizia a Davigo. Doppio rifiuto.
GIUGNO. Di Pietro s'imbatte nelle mazzette degli industriali alla Guardia di Finanza. C'è anche la Fininvest. Nuove minacce a Di Pietro dalla Falange armata.
LUGLIO. Berlusconi vara il decreto Biondi, che risparmia ai tangentisti il fastidio della custodia cautelare. Il pool annuncia l'autoscioglimento in tv, Bossi e Fini minacciano lo scioglimento del governo, il Cavaliere rinvia il "Salvaladri" a migliore occasione. Due giorni dopo raduna amici, ministri e avvocati Fininvest ad Arcore per discutere della latitanza del fratello Paolo e del manager Salvatore Sciascia (poi condannato per tangenti).
AGOSTO. Giancarlo Gorrini offre agli avversari del pool le memorie di Antonio Di Pietro in cambio di aiuto per la Maa Assicurazioni.
SETTEMBRE. Il mese si apre con la proposta del pool a Cernobbio per uscire da Mani Pulite. Il ministro Ferrara vuol denunciarli tutti per attentato alla Costituzione, poi il governo decide che non è il caso. Il procuratore generale della Cassazione Vittorio Sgroj parlando del pool dichiara: "Sono intoccabili, nessuno ha il coraggio di promuovere l'azione disciplinare". Un boss della Dc coinvolto in Tangentopoli riceve in busta anonima un dossier: "Abusi, Di Pietro", con le solite storie e gli immancabili tabulati Sip.
Alcuni pentiti dal carcere denunciano promesse di favori in cambio di accuse al pool.Il giorno 17, nuovo messaggio della Falange armata: "La vita politica e umana di Di Pietro sarà breve e verrà fermata".
Il 29 settembre Sergio Cusani denuncia Di Pietro a Brescia per diffamazione e omissione di atti d'ufficio nel processo che gli è costato la condanna a 8 anni per Enimont.Il generale Giuseppe Cerciello, imputato per la corruzione della Guardia di Finanza, denuncia a sua volta Borrelli, Colombo, Di Pietro e Padalino al Csm per presunte manovre intorno al Gip Andrea Padalino.
Come stabiliranno i giudici successivamente, si tratta di invenzioni. Ma intanto il pool sale, per la prima volta, sul banco degli imputati, proprio mentre chiede condanna di Paolo Berlusconi per le tangenti delle discariche e raccoglie le ultime prove sul tesoro personale di Craxi.
OTTOBRE. Il giorno 1, si fa viva la Falange armata: "Di Pietro è cotto a puntino". Il 3 Di Pietro fa arrestare Tradati, ultimo anello verso il bottino di Bettino e anche - ma questo lo si scoprirà solo un anno dopo - del mazzettone da 10 miliardi di Berlusconi a Craxi tramite All Iberian.
Il 4, Borrelli rilascia un'intervista al CORRIERE DELLA SERA, facendo capire che le indagini Fininvest sono a buon punto: il governo lo denuncia per attentato agli organismi costituzionali (articolo 289 del codice penale, minimo della pena 10 anni), i forzisti del Csm ne chiedono il trasferimento da Milano per incompatibilità ambientale.
Il memoriale Gorrini è pronto e arriva a Paolo Berlusconi. Una mano amica infila poi l'appunto - opportunamente arricchito con ritagli di giornale, dossier del SABATO, vari anonimi, rapporti di indagini illegali della Finanza - in una busta e la busta nella buca delle lettere di Dinacci. Il dossier, anziché essere protocollato, finisce in un cassetto del ministero.
L'8, Confalonieri invia a Catelani l'ennesimo esposto contro la persecuzione giudiziaria anti-Fininvest. E il 14 Biondi lancia una ispezione ministeriale straordinaria contro il pool, accusato dal capo del governo di indagare sulle aziende e gli amici del capo del governo.
Biondi completa l'opera defenestrando Mario Vaudano, capo dell'ufficio rogatorie del ministero, prezioso tramite del pool con le autorità giudiziarie svizzere.
NOVEMBRE. Il pool scopre tra le carte del manager Fininvest Massimo Maria Berruti (condannato nel 2001) un "passi" di Palazzo Chigi, datato 8 giugno '94: la prova che Berruti andò a consultarsi con Berlusconi alle prime avvisaglie dell'inchiesta sulle tangenti della Finanza, prima di organizzare l'inquinamento delle prove.
"Di Pietro ha i giorni contati", annuncia la Falange armata.
Il 21, mentre gli ispettori di Biondi setacciano invano la procura di Milano, parte l'invito a comparire per Berlusconi, impegnato a Napoli nella conferenza mondiale sulla criminalità.
Il 22, il CORRIERE pubblica la notizia in esclusiva. Quel giorno Di Pietro è a Parigi per interrogare Mach di Palmstein in carcere: non riesce, ma viene a sapere del dossier trovato a casa Giordano.
Il 23, Gorrini si precipita al ministero per raccontare la Di Pietro story: 100 milioni, Mercedes, debiti di Rea e quant'altro.
Il 24, Biondi avvia ufficialmente l'inchiesta parallela e segreta su Di Pietro. Dinacci - racconterà De Biase - era stato chiaro: "Previti mi ha detto che bisogna distruggere Di Pietro e mi ha fatto capire che Gorrini è stato pagato".Il 26, Previti avverte Tonino di quel che gli stanno preparando al ministero ("una polpetta avvelenata"). Di Pietro ne parla con Davigo, e comincia a scrivere con lui una memoria da inviare al Csm. Poi però cambia idea e decide di dimettersi subito.
Il 27 ne informa Borrelli, mentre la Falange armata comunica: "Di Pietro è un uomo morto".
Il 29, la Cassazione trasferisce a Brescia il processo milanese sui finanzieri corrotti. Il 30, De Biase ascolta Osvaldo Rocca che, sul prestito di Gorrini, scagiona Di Pietro ("pensava che i soldi venissero direttamente da me").
Nell'attesa Berlusconi continua a rinviare l'appuntamento col pool: si presenterà solo a metà dicembre, quando Di Pietro sarà già lontano dalla Procura.
DICEMBRE. Di Pietro si dimette il 6 e quello stesso giorno l'inchiesta segreta va in archivio. Con una motivazione dell'ispettorato che lo scagiona completamente: "Fatti di nessuna rilevanza disciplinare".
Ma quel dossier, ora protocollato e "nobilitato" dal timbro del ministero, passa subito di mano, per essere ripescato e riciclato qualche mese più tardi.
Dal Ministero, negli ultimi mesi, sono partite ben due ispezioni alla procura di Palermo.
La prima, di routine, è di aprile: si concentra sui pasticci al Tribunale fallimentare.
Ma la seconda, straordinaria come quella contro il pool milanese, è stata disposta da Biondi in settembre. E contiene uno scandalo. Durante la prima missione, l'ispettore Enrico De Felice ha inviato un fax al commercialista siciliano Piero Di Miceli, ex craxiano ed ora forzista (ha rapporti con Previti e Biondi), sospettato dalla procura di rapporti con ambienti massonico-mafiosi, affinché lo raccomandasse presso il ministro Biondi per farlo diventare capo degli ispettori al posto di Dinacci. Il fax viene intercettato dalla Procura di Palermo, che indaga De Felice per abuso.
Caselli manda un avviso di garanzia al vicecapo di gabinetto di Biondi, Vincenzo Vitale (pretore a Catania e assiduo collaboratore del GIORNALE) per abuso e propagazione di segreto istruttorio: avrebbe avvertito l'amico Di Miceli che i suoi telefoni erano sotto controllo, grazie alle informazioni raccolte a Palermo dagli ispettori.
1995
FEBBRAIO. Mentre il gip di Brescia proscioglie Di Pietro dalle accuse di Cusani e un agente della scorta sventa un attentato contro Gerardo D'Ambrosio, torna in campo il Gico di Firenze con il suo capo, tenente colonnello Giuseppe Autuori, che consegna alla procura fiorentina un dossier di 263 pagine sul caso Autoparco: "Una franca rivisitazione di fatti e situazioni già rappresentate".
I veleni contro Di Maggio, Nobili & C., già smascherati dai giudici di Brescia, tornano in circolazione con l'aggiunta di nuove insinuazioni contro Armando Spataro e Ilda Bocassini.
MARZO. Cusani va a trovare Gorrini per complimentarsi della sua deposizione agli ispettori e procurarsene una copia. Poi avvicina Tradati (così almeno riferirà quest'ultimo) per invitarlo a presentarsi agli ispettori di Mancuso e denunciare pressioni del pool per incastrare Berlusconi. Mancuso blocca il decreto del governo per la creazione del "Sis" da affidare a Di Pietro.
APRILE. Di Pietro, dopo alcuni incontri con Berlusconi e Previti, fa sapere che alle prossime elezioni non appoggerà nessuno, tantomeno il Polo. Il dossier Gorrini e alcuni altri ricompaiono tra le mani dell'avvocato Carlo Taormina, legale del generale Cerciello e futuro cadidato di Forza Italia.
Il giorno 7, Taormina e Cerciello denunciano Di Pietro per presunte pressioni sul maresciallo Nanocchio al fine di convincerlo a tirare in ballo il generale e Berlusconi. L'accusa sara' presto smentitadallo stesso Nanocchio e il procedimento sara' archiviato a Brescia, ma intanto Di Pietro è di nuovo indagato per abuso d'ufficio e lascia per sempre la magistratura.Il 13, a TEMPO REALE, Berlusconi rivela che Tonino gli confidò di non aver condiviso l'invito a comparire nei suoi confronti. Il 18, Taormina, reduce da alcuni incontri in via dell'Anima, chiede che Di Pietro testimoni al processo Cerciello per chiarire una lunga serie di vicende "oscure": le stesse contenute nel dossier Gorrini, con l'aggiunta dell'Autoparco, di traffici d'armi e chi più ne ha più ne metta. Il tribunale respinge la richiesta.
MAGGIO. La relazione degli ispettori, che scagionano il pool dalle accuse di Biondi e chiudono i lavori con un encomio solenne a Mani Pulite, non piace affatto al ministro Mancuso. Che, il giorno 5, avvia l'azione disciplinare contro il pool per aver "intimidito" gli ispettori e annuncia una nuova ispezione a Milano. Non contento, chiede nuove indagini sui suicidi in carcere di Gabriele Cagliari e Sergio Moroni (salvo poi scoprire che Moroni non era mai stato arrestato). Il 19 si scopre che il pg Catelani ha pure promosso un'indagine informale dei carabinieri contro Borrelli, per una vicenda equestre. Mesi prima, su un settimanale, Borrelli era stato ritratto al galoppatoio su un cavallo con la sigla "G.G." sulla sella. Sigla che secondo un anonimo, corrisponde al Giancarlo Gorrini. Informato della cosa, Borrelli denuncia Catelani al Csm. La sigla è di tal Giovanni Gennari, vecchio proprietario dell'animale. Ma intanto, per qualche giorno, i giornali non parlano d'altro, proprio mentre, il 20, viene chiesto il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi per corruzione.
GIUGNO. Il pm bresciano Fabio Salamone interroga Gorrini e Pillitteri, poi, il giorno 3, indaga Tonino per concussione: avrebbe premuto su Gorrini e D'Adamo affinché ripianassero i debiti di gioco di Rea. L'11 arriva il bis: Di Pietro inquisito per altre concussioni ai danni di Gorrini (prestito di 100 milioni, Mercedes, pacchetto sinistri della Maa affidato allo studio della moglie Susanna Mazzoleni). L'11, IL GIORNALE torna alla carica contro Davigo: stavolta titola sulla "strana coppia Davigo-Cerciello", insinuando chissà quali traffici tra il pm e il generale inquisito per corruzione. In realtà il pm s'era iscritto con altri magistrati ad una cooperativa nata per costruire alloggi, e se n'era andato qualche giorno dopo l'ingresso di Cerciello (che comunque, all'epoca, era il numero uno della Guardia di Finanza milanese, neppure sfiorato da sospetti).
Il 14, c'è una nuova richiesta di rinvio a giudizio per Berlusconi: frode fiscale per la villa di Macherio. Il Cavaliere risponde con esposto al pg della Cassazione Ferdinando Zucconi Galli Fonseca per ben 130 presunte fughe di notizie e per l'accanimento persecutorio del pool contro l'inerme Biscione: altra inchiesta a Brescia. E, il 19 Salamone indaga Di Pietro per abuso d'ufficio: avrebbe aiutato Rea a diventare capo dei vigili di Milano. L'indomani, si diffonde una voce: Di Pietro è stato arrestato. Il 30, ci si mette anche Craxi che inonda i giornali con il fax dei tabulati Sip sulle telefonati di Di Pietro nel 1992: "Me li diede Parisi". Vuole dimostrare che Mani Pulite è tutta un bluff, che Di Pietro era pilotato via cavo da amici avvocati e imputati. Poi si offre a Salamone: "Se vuole sentirmi su Di Pietro, sono qui".
LUGLIO. Il giorno 2, Di Pietro viene interrogato a Brescia per 18 ore e denuncia 137 tentativi di delegittimazione ai suoi danni. Il 7, secondo round di 5 ore. Salamone indaga anche sul complotto che lo indusse a dimettersi dal pool: Previti, Dinacci, De Biase e Paolo Berlusconi gli indiziati.
AGOSTO. Craxi invita Salamone a indagare su un viaggio di Di Pietro in Costarica, dove avrebbe incontrato fantomatiche "importanti personalità della finanza italiana e internazionale". Mani Pulite come complotto planetario. Salamone prepara le valigie per Hammamet. Il parlamento riesuma il decreto Biondi e, con qualche correttivo peggiorativo, lo approva plebiscitariamente sotto il nome di "Riforma della custodia cautelare".
SETTEMBRE. Di Pietro scopre che un agente della scorta, anziché proteggerlo, lo spiava e riferiva ai "superiori" i suoi spostamenti. Poi denuncia a Brescia che un certo Roberto Napoli, agente del Sisde, gli ha confidato di averlo spiato fina dal 1992. Napoli conferma: "Mi ordinarono di indagare su Di Pietro e su tutto il pool, non scoprii nulla di illecito, Parisi sapeva tutto". Le informative finivano anche ad un alto dirigente romano del Sisde, Bruno Contrada. Il 2, Di Pietro è a Cernobbio, con un durissimo discorso contro il colpo di spugna: "Se lo tenteranno, scenderò in campo per fermarli". L'indomani Berlusconi, allarmatissimo, chiama D'Adamo per sventare la minaccia: "Ingegnere, il suo amico è fuori di testa, bisogna che lei si prepari. Siamo nelle sue mani!". Seguiranno sette incontri ad Arcore, per concordare aiuti finanziari al gruppo D'Adamo, che naviga in pessime acque. Intanto IL GIORNALE tira in ballo Di Pietro per Affittopoli (un alloggio in via Andegari, avuto dalla Cariplo ad equo canone). E, il 15, Brescia lo indaga per l'ennesima volta: concussione e abuso d'ufficio per il piano di informatizzazione del tribunale di Milano. Il 29, si smonta anche la bufala mancusiana degli ispettori "intimiditi": su proposta del pg della Cassazione, il Csm archivia l'indagine disciplinare contro Borrelli e il pool. A Milano si trascina stancamente la seconda ispezione. Craxi, preoccupato, avverte l'avvocato Salvatore Lo Giudice: "Se qualcuno in prima fila non apre il 289 ("attentato agli organi costituzionali", n.d.a.) e affronta la testa del serpente, non si va da nessuna parte. L'obiettivo è la fine dell'imbroglione trafficante". Cioè di Di Pietro che, secondo Craxi, è pure un falso laureato. Falsa laurea e 289: due tra gli argomenti preferiti del fido Ferrara.
OTTOBRE. Nuova inchiesta della procura di Brescia contro Di Pietro: questa volta è accusato di falso ideologico insieme a Borrelli, per aver firmato i verbali di alcuni interrogatori della polizia giudiziaria senza avervi presenziato per intero. Ma si indaga anche sulla deposizione dell'agente Napoli, che ha rivelato lo spionaggio continuato e illegale del Sisde ai danni del pool (dossier Achille): nessuno scoprirà mai chi fosse questo Achille, anche perché il capo del servizio Gaetano Marino negherà per mesi l'esistenza stessa del fascicolo, salvo poi consegnarlo con tante scuse al comitato di controllo sui servizi segreti.
Il giorno 12, nuova bufala berlusconiana: questa volta il bersaglio è Borrelli, che avrebbe gravemente peccato avvertendo Scalfaro dell'avviso di garanzia a Berlusconi prima che quest'ultimo ne avesse notizia. Borrelli precisa che Scalfaro lo seppe negli stessi minuti in cui Berlusconi veniva informato da un colonnello dei carabinieri. E comunque il segreto investigativo è a discrezione del pm. Scandalo enorme, per un fatto che persino Tiziana Parenti giudica "corretto". Mancuso, che sta per essere sfiduciato dal parlamento, fa in tempo a scatenare un supplemento di ispezione, un'inchiesta a Brescia per violazione del segreto e un'azione disciplinare al Csm. E altre azioni disciplinari chiedono gli ispettori per i pm milanesi Ilio Poppa, Gherardo Colombo, Fabio De Pasquale. Parlando alla Camera nel giorno dell'addio, Mancuso invoca un'ispezione a Palermo. Poi, alludendo a due Consigli dei ministri "secretati", lascerà cadere il sospetto che vi si fosse parlato di gravi reati commessi dal pool di Caselli.
NOVEMBRE. Il gip romano Maurizio Pacioni denuncia Borrelli, Davigo, Colombo e Ghitti per omissione in atti d'ufficio e falso ideologico: avrebbero tenuto sotto scacco l'ispettore capo Ugo Dinacci tramite un'inchiesta sul figlio, l'avvocato Filippo.
DICEMBRE. Il 5 dicembre, il Gip di Brescia archivia le accuse di Cerciello e censura le indagini di Salamone. Il 7, il comitato servizi segreti interroga il comandante della Guardia di Finanza Costantino Berlenghi per sapere se membri del Corpo abbiano spiato il pool: il generale smentisce sdegnato; poi si scoprirà l'attività illegale di dossieraggio di vari ufficiali e sottufficiali (Simonetti, Nanocchio, Salato). Il 20 Salamone fa partire una raffica di richieste di rinvio a giudizio per l'ex-pm: cinque concussioni e due abusi d'ufficio. La Falange armata aveva previsto tutto da dieci giorni: "Di Pietro ha infranto i patti: adesso la sua fine è segnata". Colombo, Davigo e Greco sono indagati per le nuove accuse di Cusani su un'improbabile missione pilotata da Tradati in Svizzera alla ricerca di carte Fininvest. Lo stesso giorno, il 22, IL GIORNALE pubblica un'intervista a Maurizio Raggio, prestanome dei conti di Craxi e latitante in Messico, realizzata sei mesi prima e inspiegabilmente tenuta da parte. Raggio sostiene che Pacini Battaglia avrebbe versato 5 miliardi a Lucibello che, d'intesa con Di Pietro, li avrebbe trasferiti in Austria. Tutti gli interessati smentiscono. Compreso Raggio.
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