I «sismografi» degli istituti hanno registrato più variazioni per la vicenda Mirafiori
Ammonito dalla Chiesa, bacchettato dal Quirinale, pressato dal Parlamento, criticato dal Csm e inseguito dalla Procura di Milano, Silvio Berlusconi appare ancora una volta circondato. Ma ci sarà un motivo se il Cavaliere — isolato nel Palazzo — non sembra perdere consensi nel Paese, se tra i cittadini «la rivolta non scatta», come riconosceva ieri in prima pagina il quotidiano del Pd, Europa.
Perché non c’è dubbio che il «caso Ruby» abbia esposto il premier alla berlina mediatica oltre che ai rischi giudiziari, e che «tutti sono contro Berlusconi, manca solo l’Onu», come con un paradosso sarcastico annotava la Jena sulla Stampa. Ma prima o poi bisognerà capire il motivo per cui «l’elettorato si mostra del tutto impermeabile » alla vicenda. I dati Ipsos che il professor Paolo Natale pubblica su Europa, testimoniano infatti che sebbene «oltre il 70% dell’opinione pubblica» non consideri il Cavaliere vittima di una persecuzione giudiziaria e ne «censuri» il comportamento, non intende poi «punirlo». Lo scandalo insomma «non fa presa sul livello di fiducia che il governo e la maggioranza hanno da parte degli italiani». Gli elettori sono «disposti a sostenere ancora » il Cavaliere: un atteggiamento che — secondo il docente alla Statale di Milano—è dovuto alla «mancanza di una credibile alternativa».
Mai come in questi giorni gli istituti di ricerca concordano sul fatto che il trend politico resta inalterato, che il caso giudiziario in cui è coinvolto il premier non ha provocato variazioni nelle intenzioni di voto e negli indici di fiducia. Ed è vero che le rivelazioni sulle notti hard di Berlusconi hanno destato sconcerto soprattutto nell’elettorato cattolico. Ma come il premier ha potuto riscontrare nei suoi amatissimi sondaggi, se le critiche più severe gli giungono proprio dai cattolici praticanti e dalle donne, sono proprio queste due fasce elettorali a garantirgli ancora il consenso più stabile. È un paradosso a cui si aggiunge un altro paradosso, perché il 2% degli italiani esprime «invidia» verso il Cavaliere.
E certo nel Palazzo Berlusconi è in grave difficolta, la sua situazione si è fatta assai delicata. Ma fuori dal Palazzo la realtà che i numeri riflettono sembra diversa, e non per un diverso approccio ai temi etici o agli stili di vita. Semmai—come spiega Nando Pagnoncelli — «dopo vent’anni viene al pettine il nodo del rapporto tra potere e cittadini, che ormai sovrappongono totalmente il concetto di politica con il concetto di governo. Rispetto al passato— traduce il capo di Ipsos—l’orientamento che guida l’opinione pubblica non è più l’idealismo di partito ma il pragmatismo dell’amministrazione. E infatti il premier non paga dazio sulle ultime vicende, rischierebbe però di pagare anche queste se in futuro si aggravassero i problemi della crisi economica».
Non è un caso che i sondaggisti abbiano visto oscillare il pennino dei loro sismografi durante la vertenza di Mirafiori. In quei giorni lo scontro tra la Fiat e la Fiom ha provocato un sensibile calo di consensi per il Pd, registrato da tutti gli istituti demoscopici: si è trattato di un travaso di circa due punti, a favore di Nichi Vendola. «Sono questi i problemi che stanno a cuore dei cittadini », secondo Alessandra Ghisleri di Euromedia research: «È su questi temi che si confrontano i lavoratori, divisi tra l’affermazione di alcuni diritti e il desiderio di avere un maggior benessere economico».
Così il «caso Ruby» sembra (per ora) non avere impatto sul premier e sul governo. E il fatto che la «rivolta non scatta» è forse dovuto anche da un altro aspetto, citato nell’articolo di Natale, che ha evocato la stagione di Tangentopoli. L’idea è che sia svanito anche il mito della rivoluzione giudiziaria e della catarsi nazionale che avrebbe portato al cambiamento. Ce n’è riscontro nei sondaggi, lo rileva Pagnoncelli, quando racconta che «ai tempi di Mani pulite i magistrati erano visti come dei Robin Hood. Negli anni però l’indice di fiducia verso la magistratura è sensibilmente calato».
Oggi l’attenzione dei cittadini è concentrata sulla gestione del governo, e l’opinione pubblica non è solo disillusa dalla stagione delle toghe. Anche il sogno berlusconiano è finito, il premier ha avuto modo di constatarlo nei numeri riservati di cui è in possesso. La mancanza di alternativa lo rende però inattaccabile, sebbene non si capisca per quanto tempo ancora.
A destare qualche preoccupazione, per esempio, sono stati i dati recentemente pubblicati dal Sole 24 Ore sulla grande distribuzione: per la prima volta dopo trent’anni i supermercati hanno subìto infatti una flessione nelle vendite dell’1,6%. Un campanello d’allarme per uno come il Cavaliere, che spesso fa visita ai centri commerciali come testimonial subliminale del consumo. Ecco perché aminacciare il consenso di Berlusconi non è (per ora) il «caso Ruby».
22 gennaio 2011
corriere.it/politica
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