domenica 23 gennaio 2011

Caso Ruby, dedica di Saviano ai pm. Marina Berlusconi: «Provo orrore»

Lo scrittore riceve la laurea honoris causa e parla dei giudici di Milano. La reazione della figlia del premier

MILANO - Roberto Saviano è uno dei laureati in filosofia più noti al mondo. Eppure nei suoi libri e nei suoi interventi tratta prevalentemente questioni penali. Sarà per questo che ha accolto con favore la laurea honoris causa in Giurisprudenza che l'Università di Genova gli ha tributato. E quando nell'affollata aula magna dell'ateneo ligure ha pronunciato la lectio magistralis su «Il racconto del potere criminale come affermazione del diritto», il suo ultimo pensiero è andato ad alcuni magistrati finiti nel tritacarne: i pm del caso Ruby. «Dedico questa laurea a tre magistrati, la Boccassini, Forno e Sangermano, che stanno vivendo giornate complicate solo per aver fatto il loro mestiere di giustizia».

LA REPLICA - I magistrati in questione sono gli stessi che hanno inviato a Silvio Berlusconi un invito a comparire per concussione e prostituzione minorile, zeppo di intercettazioni e racconti piccanti sui festini di Arcore. Il premier e tutti i suoi uomini sono in questi giorni protesi nello sforzo di dipingere come un tentato golpe l'iniziativa della Procura di Milano. La dedica dello scrittore deve essere suonata come una provocazione, e Marina Berlusconi ha replicato con parole di fuoco: «Mi fa letteralmente orrore che una persona come Roberto Saviano, che ha sempre dichiarato di voler dedicare ogni sua energia alla battaglia per il rispetto della libertà, della dignità delle persone e della legalità, sia arrivata a calpestare e di conseguenza a rinnegare tutto quello per cui ha sempre proclamato di battersi». Per chi non lo sapesse, la primogenita del premier è il presidente di Mondadori, il gruppo editoriale che ha pubblicato Gomorra e gli altri libri di Saviano. Ma il rapporto tra i due è ormai da tempo compromesso. Per Marina «il mestiere di giustizia» non avrebbe nulla a che vedere con il caso Ruby e con le contestazioni rivolte al padre. Anzi, «la giustizia e coloro che sono chiamati ad esercitarla non dovrebbero avere nulla a che vedere con la persecuzione personale e il fondamentalismo politico che questa vicenda mette invece tristemente, e con spudorata evidenza, sotto gli occhi di tutti». Dichiarazioni tese come sciabolate, che forse preludono alla definitiva rottura.

I PRECEDENTI SCONTRI - Non è la prima volta che Saviano, l'autore di punta della Mondadori con oltre cinque milioni di copie vendute (solo Gomorra ha superato quota 2,5 milioni in Italia e altri 2 all'estero) entra in rotta di collisione con la famiglia Berlusconi e quindi con la proprietà della sua casa editrice. Il trentunenne scrittore ha dato molto alla casa editrice di Segrate, garantendo tirature record non solo per Gomorra, rimasto ai primi posti della classifica per quasi tre anni consecutivi, ma anche per i successivi La bellezza e l'inferno e La parola contro la camorra. La Mondadori ha ricambiato assicurando il necessario sostegno pubblicitario e la consueta distribuzione muscolare, capace di raggiungere ogni scaffale utile alle vendite (supermarket e autogrill inclusi). L'intesa però ha cominciato a scricchiolare lo scorso 16 aprile, per una battuta di Silvio Berlusconi che commentava i dati sulla lotta alla criminalità: «La mafia italiana risulterebbe essere la sesta al mondo, ma guarda caso è quella più conosciuta, perché c'è stato un supporto promozionale che l'ha portata ad essere un elemento molto negativo di giudizio per il nostro paese. Ricordiamoci le otto serie della Piovra programmate dalle tv di 160 paesi nel mondo e tutta la letteratura in proposito, Gomorra e il resto...». Come dire che Placido e Saviano fanno propaganda ai clan.

LA LETTERA DELLO SCRITTORE - Lo scrittore rispose a stretto giro, con una lettera aperta al premier: «Presidente le scrivo dopo che ha accusato chi racconta i meccanismi criminali di essere responsabile di supporto promozionale alle cosche». Saviano ribadiva che fino a quel momento aveva sempre potuto fare affidamento sul sostegno della casa editrice, al suo fianco anche nell'affrontare le conseguenze di un coraggioso impegno civile: «Io sono un autore che ha pubblicato i suoi libri per Mondadori e Einaudi, entrambe case editrici di proprietà della famiglia Berlusconi. Ho sempre pensato che la storia partita da molto lontano della Mondadori fosse pienamente in linea per accettare un tipo di narrazione come la mia, pensavo che avesse gli strumenti per convalidare anche posizioni forti, correnti di pensiero diverse». Ma quel giorno qualcosa è cambiato: «Dopo le sua parole non so se sarà più così. E non so se lo sarà per tutti gli autori che si sono occupati di mafie esponendo loro stessi e che Mondadori e Einaudi in questi anni hanno pubblicato».

LA PRIMA OFFENSIVA DI MARINA - Alla sortita di Saviano rispose direttamente Marina Berlusconi. Il numero uno di Mondadori spiegò che quella del premier era «una critica, non una censura», assicurando massima libertà agli scrittori che pubblicano per Mondadori ed Einaudi, Saviano compreso. Tuttavia, nel dire questo, affermava di concordare con le parole del padre: «Certo una pubblicistica a senso unico non è il sostegno più efficace per l'immagine del nostro Paese». Tempo tre mesi, quindi in luglio Saviano è tornato sull'argomento, riaprendo il capitolo dei rapporti con il proprio editore: «E’ ovvio che dopo l’attacco di Marina Berlusconi per me molto è cambiato. Devo valutare molti fattori: quanto la proprietà incide sulle scelte, quanto permetterà ancora che ci sia libertà e se su alcuni libri si possa continuare a puntare». Parole che fecero tremare i piani alti di Segrate, terrorizzati all'ipotesi di perdere una firma da due milioni di copie.

TREGUA ARMATA A SEGRATE - In questi mesi, i manager di casa Mondadori hanno cercato di allentare la tensione. Ma è stata Marina Berlusconi a mettere l'ultima parola: «Vorrei tranquillizzare Roberto Saviano, il quale riapre un po' a sorpresa una polemica tirandomi direttamente in ballo come presidente della Mondadori e costringendomi quindi a ripetere cose che ho già detto. La mia famiglia controlla la principale casa editrice italiana da vent'anni, e la Mondadori, anche se Saviano evoca inesistenti quanto impossibili contrapposizioni tra buoni e cattivi, è esattamente quello che abbiamo sempre voluto che fosse: è la migliore e la più concreta dimostrazione di come noi Berlusconi intendiamo e interpretiamo il mestiere dell'editore. Un mestiere che si fonda su alcuni valori irrinunciabili: il rispetto di tutte le opinioni, la libertà di espressione, il pluralismo. In tutto questo non c'è alcuna faticosa concessione e niente di eroico. Questi sono gli stessi valori ai quali sono stata educata e che ho visto e vedo mio padre difendere da sempre».

LA PROLUSIONE - «Vieni via con me», la trasmissione realizzata con Fazio che ha registrato lo scorso ottobre ascolti record, è stata preceduta e accompagnata da accuse preventive di parzialità e intere paginate sui rendiconti economici dei due conduttori. Fu allora che Saviano parlò per la prima volta della macchina del fango. Un'immagine rievocata anche a Genova, nell'aula magna dell'università: «Chiunque oggi decide di avere una posizione critica contro questo potere, contro questo governo sa cosa gli aspetta se va fino in fondo: delegittimazione, la macchina del fango». Un «meccanismo strano», secondo lo scrittore, messo in moto da «quei media» che tentano di «dimostrare che siamo tutti sporchi e, quindi, dobbiamo stare zitti». Altrimenti, «se tu racconti quello che è considerato dai magistrati un mio crimine nelle mie stanze private, io racconto le tue stanze private, racconto il tuo spazio».
22 gennaio 2011

corriere.it/

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