Giovedì 08 Settembre 2011
ROMA - Per i ministri, i deputati e i senatori c'è lo sconto. "L'emendamento del governo che rafforza l'entità della manovra, con l'aumento dell'Iva, e la sua equità, con il contributo sui super-ricchi e l'anticipo della pensione a 65 anni delle donne, fa anche un bello sconto a ministri, deputati e senatori", scrive oggi il Corriere della Sera.
Aspettando il disegno di legge costituzionale per il dimezzamento del numero dei parlamentari, l'art.13 della manovra sui costi della politica ha subito qualche 'rivisitazione', con tanto di riduzione del taglio delle indennità dei membri di Camera e Senato (almeno sei volte di meno rispetto a quanto previsto nel testo originario) e l'ammorbidimento dell'incompatibilità del loro mandato con gli altri incarichi pubblici. "Da domani e per sempre, ma solo per quest'anno, il prossimo e il 2013 - scrive ancora il Corriere - non si applicherà più il taglio delle retribuzioni o delle indennità di carica dei componenti degli organi costituzionali (il 10% per la parte eccedente i 90 mila euro, il 20% su quella che supera i 150 mila). E dalla sforbiciata, grazie alla modifica approvata ieri con il voto di Palazzo Madama, vengono fatti salvi «la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale»".
Da nessuno dei quasi mille rappresentanti di Camera e Senato è arrivato un commento sull'alleggerimento dei tagli all'indennità parlamentare, previsto dall'emendamento. "Se un deputato o un senatore fa anche un altro mestiere e incassa più di 9.847 euro netti, l'indennità di carica di 5.486 euro mensili netti (cui poi si sommano tra diaria e rimborsi spese altri 7.193 euro, che non vengono toccati), non sarà più tagliata del 50% come prevedeva il testo originario.
La sforbiciata si farà sul totale annuo percepito a titolo di indennità, e sarà pari al 20%, ma solo per la quota eccedente i 90 mila euro, e al 40% per quella che supera i 150 mila euro".
Inoltre, il regime dell'incompatibilità dei parlamentari, che prima vietava di ricoprire «qualsiasi altra carica elettiva pubblica», è stato notevolmente rivisto: nella nuova versione del testo l'incompatibilità è circoscritta alle altre cariche elettive «di natura monocratica» e relative a «organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore ai 5 mila abitanti». Il che significa che i parlamentari non solo potranno continuare a fare i sindaci nei Comuni piccoli e medi e potranno anche avere l'incarico di assessore in tutti i municipi, compresi quelli delle grandi città.
leggo.it/
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