di Paolo Madron
Il ministero della propaganda del premier è rimasto a corto di argomenti.
Certo che è talmente grossa che non è facile da digerire. Allora, martedì 13 settembre Berlusconi volerà prima a Bruxelles e poi a Strasburgo per illustrare ai vertici della Unione europea la manovra, le cui linee guida l'Europa ci ha scritto e imposto.
Surreale, ma il premier l'ha giustificata proprio così, condendola con l'armamentario che gli è familiare.
Ovvero: i giornali fanno disinformazione, la sinistra soffia sul fuoco, lui è perennemente incompreso, e allora meglio andare di persona a dire le cose come stanno. Evidentemente, in questa sua sindrome da complotto, non si fida nemmeno di Tremonti che già vi aveva provveduto.
UNA CURA INSUFFICIENTE. Il rischio però - reale visto che i mercati continuano a tenerci sotto schiaffo - è che varcate le Alpi per raccontare agli euroburocrati la verità che i suoi antagonisti distorcono, il Cav si senta dire che la manovra è insufficiente e che occorrano interventi di ben altra durezza.
Ue e Bce già hanno messo le mani avanti facendo balenare l'idea che occorra rimetterci mano.
Quello che invece non hanno fatto balenare, ma hanno perfidamente esplicitato, è che sia stato Berlusconi a chiedere loro udienza, e non viceversa.
Il che rafforzerebbe il sospetto che questo improvviso viaggio sia stato escogitato proprio per sfuggire all'audizione sulla vicenda Tarantini cui lo avevano chiamato i magistrati di Napoli.
IL PROCURATORE MASTINO. Un sospetto che il premier ha rigettato con sdegno, ribadendo la natura caritatevole del suo rapporto con il procacciatore barese di escort. E riaccendendo così le aspettative della pletora di indigenti che quotidianamente scrivono a Palazzo Chigi nella speranza di un aiuto economico.
Ora, che Berlusconi voglia evitarsi la scomoda trasferta in quel di Napoli è cosa più che comprensibile. Lì c'è un procuratore mastino, uno cui non la si dà facilmente a intendere, e questa storia di Tarantini, la moglie e il compagno di merende Lavitola è terreno minato. Basta un niente, e da estorto il premier potrebbe diventare indagato per corruzione o addirittura per favoreggiamento della prostituzione.
QUELLA SCUSA BANALE. Quello che non si spiega però è la risibilità della motivazione addotta per i versamenti. Il suo cuore d'oro che non lo rende insensibile ai bisognosi e che nella vicenda in questione lo portava a donare ogni mese 20 mila euro alla povera famiglia Tarantini.
Ma dove è finito il poderoso apparato informativo, la micidiale macchina che costituiva la struttura Delta al suo servizio, i professionisti dell'informazione (direttori di giornale, comunicatori e sacerdoti della propaganda) che negli anni lo hanno aiutato a rovesciare nel giudizio dell'opinione pubblica situazioni in cui sembrava pesantemente compromesso?
Invece silenzio, e su tutta la linea. Nessun servizio sulla generosità di Silvio con tanto di casi illustrati, come ci si sarebbe aspettati da Chi o da qualcun altro dei suoi giornali. Eppure il settimanale mondadoriano fu di impeccabile tempestività quando si trattò di trovare un fidanzato all'imbarazzante Noemi da Casoria che sollevasse il nostro dall'impiccio.
Nessun servizio per scoprire il tipo di calzini usati dal procuratore Lepore ed eventualmente metterlo alla berlina. No, niente di tutto questo.
LA PROPAGANDA SENZA IDEE. Solo il riferimento alla magnanimità del premier, al cuore grande almeno quanto il suo portafoglio che lo porta a soccorrere quelli in difficoltà che si rivolgono a lui.
Il solito canovaccio (anche Ruby, prima di scoprire la sua parentela con Mubarak, era una povera ragazza senza arte né parte) invece del colpo di teatro che ci si sarebbe aspettati.
Insomma, il ministero della propaganda pare clamorosamente a corto di argomenti. E quelli sin qui usati non funzionano più. Forse bisognerebbe sostituire i suoi dipendenti, forse indire un concorso per la creazione di nuovi alibi, o battere a tappeto le agenzie in cerca di creativi.
Qualcosa di certo bisognerà fare, perché anche tra i fedelissimi (Alfano escluso) tira aria di rassegnazione. E i regimi, si sa, inesorabilmente crollano quando anche i loro inesausti adepti cominciano a non crederci.
12 Settembre 2011
lettera43.it/silvio-non-sa-piu-cosa-inventarsi
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