domenica 26 giugno 2011

Il taglio tasse non è esentasse

19 giugno 2011
Se oggi un politico vi dice che bisogna abbassare le tasse non fidatevi: vi sta fregando. Semplicemente perchè non è in grado di farlo. Non è disaffezione e neppure spirito populista post referendum, è semplicemente esperienza. Per questo la colonna sonora del governo e degli analisti berlusconiani non ci rassicura neanche un po'. Quella che Calderoli ha definito "una macchina da sberle" sta provando legittimamente a invertire la tendenza, ad abbozzare in qualche settimana quella rivoluzione liberale che non è stata capace di fare in dieci anni. Ricordate il 2001, quando gli italiani misero nelle mani del Cavaliere una carta di credito dal tetto di spesa illimitato per cambiare l'Italia? Siamo ancora lì. E le tasse sono il punto di partenza, ma anche d'arrivo.

Parlano tutti. L'unico a non farsi scappare un solo verbo è il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, del tutto consapevole che per il Paese - in questa fase allegramente preelettorale - le chiacchiere non sono una ricetta vincente.
Purtroppo abbassare le tasse non si può, perché un paese con un debito pubblico al 120% del pil nazionale (uno dei peggiori deficit del mondo, peraltro in costante ascesa, a conferma che ai sacrifici degli italiani non partecipa chi li rappresenta) dovrebbe avere come stella polare economica un altro impegno: tagliare gli sprechi, recuperare dall'evasione fiscale e dai contributi dei nuovi lavoratori gli introiti per finanziare la riduzione delle imposte e poi la ripresa.

E' quello che ci ha imposto Bruxelles. Prima via i rami secchi della pubblica amministrazione, via gli sciali della Casta (prebende, auto blu, clientele, portaborse, poltrone in appalto ai partiti) e solo in un secondo tempo la sforbiciata alle tasse. Ma ai nostri politici, eternamente in gita premio istituzionale, piacerebbe maledettamente giocare il secondo tempo saltando il primo. E' infatti di ieri la notizia che Moody's, la principale agenzia internazionale di rating, vede nero sulla valutazione dello stato di salute dell'Italia e minaccia un taglio alla credibilità. I nodi sono sempre gli stessi: debito e assenza di crescita. L'effetto di una simile legnata? Semplice, la sindrome greca.

Nonostante ciò il paese sembra ancora ricco, soprattutto di fantasìa. Mentre tutti ci consigliano di attenerci alle regole del rigore, si scopre che Equitalia sta assumendo a tempo indeterminato 200 funzionari, 120 dei quali a Cagliari. Tre domande: non esiste forse il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego? Perché la pubblica amministrazione continua ad aprire voragini nei conti dello Stato? Perché proprio a Cagliari; si annida forse lì la Spectre degli evasori e dei cattivi pagatori di bollette?

In Giappone gli impiegati lavorano un'ora in più al giorno gratis a favore della ripresa del Paese dopo lo tsunami, in Italia c'è chi dichiara il 90% in meno per vivere da furbo. E così facendo costringe i virtuosi a tirare ancora di più la cinghia. Ad aumentare il caos contribuisce il populismo della Lega, che alla vigilia di Pontida annuncia: "O l'esecutivo fa la riforma fiscale, oppure andiamo in piazza con i sindacati". Tira aria di strappo, sarà un'estate calda. L'unico a non curarsene pare il premier Berlusconi, che a detta di chi lo conosce bene continua allegramente i bunga bunga. Con signorine, loro sì, tradizionalmente esentasse.

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