mercoledì 13 aprile 2011

‘Ndrangheta, quando il boss incontrava Lele Mora e Giuseppe Scopelliti

Le rivelazioni davanti ai pm meneghini di Paolo Martino, referente delle 'ndrine, fanno luce sui rapporti a Milano tra l'agente dei vip, l'uomo dei clan e il governatore della Calabria

“Lei, signor giudice, mi chiede di Lele Mora? È stato lui a volermi conoscere. Giuseppe Scopelliti, il presidente della Regione Calabria? Conosco lui, suo fratello Francesco che sta a Como e fa l’assessore. Io, signor giudice, conosco un po’ tutti”. Diciassette marzo 2011. Giornata di celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Settimo piano della Procura di Milano. Ufficio del gip Giuseppe Gennari, marchigiano, giovane, preparato. Davanti a lui, Paolo Martino sta parlando già da qualche minuto. Tre giorni prima è stato arrestato per associazione mafiosa. I magistrati lo ritengono il grande tessitore degli affari della ‘ndrangheta in riva al Naviglio. E lo fanno a ragion veduta, visti i suoi contatti con la politica lombarda. Talmente alti da essere invitato, nel 2009, in una villa di Berlusconi per una raccolta fondi in favore di Guido Podestà.

Poco dopo mezzogiorno, Martino si accomoda così davanti al giudice. Si comincia. La parola passa all’uomo che più di ogni altro sembra custodire imbarazzanti segreti sulle infiltrazioni mafiose sotto al Duomo. Il fiduciario delle cosche parlerà due ore. Svelerà nomi e incontri come quelli con il presidente della Regione Calabria e con Mora. Racconterà i suoi rapporti con il gotha della moda: da Santo Versace (“Mi ha visto crescere), a Saverio Moschillo di Richmond (“Mi ha aiutato in tante cose”), a Maria Paola Paciotti (“È lei che dirige l’azienda”). E dirà, infine, della sua conoscenza con Italo Falcomatà, l’ex sindaco di Reggio cresciuto nelle file del Partito comunista, morto nel 2001 e che il boss definisce “un grande amico mio”.

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