mercoledì 13 aprile 2011

L’idoletto del bunga bunga

Eccotelo lì, alla buon’ora, l’idoletto del bunga bunga!

In un flusso di neo-paganesimo molto difficile da “contestualizzare”, si legge nelle ultime risultanze giudiziarie che durante le simpatiche seratine di Arcore, dopo le solite barzellette zozze, il presidente del consiglio dei ministri “faceva portare” – da chi purtroppo non è specificato – una specie di guscio, un involucro oblungo della misura di una bottiglia di acqua minerale di 50 cl, da cui, oplà, veniva fuori una statuetta che rappresentava “un omino con un pene grosso”. Di più: “un pene visibilmente proporzionato”. E dunque sì, è lui, quel coso lì nella mitologia ellenico arcaica, e quindi non ancora arcoriana, è detto “itifallo”; e il suo legittimo proprietario, la cui genealogia oscilla fra Dioniso e Pan, non può essere che Priapo, “l’ultimo degli dei”.

L’atmosfera dell’ostensione, anche a villa San martino, doveva essere particolarmente festosa e ridanciana. E infatti: “Insulsissima, quid puella rides?” si può leggere nei “Carmina Priapea” (benemerita traduzione di Edoardo Mori): “Perché ridi, stupidissima ragazza? – in tal modo si presentava pure a quei tempi l’idoletto – Non sono stato scolpito né da Prassitele, né da Scopa,/ né levigato dalla mano di Fidia,/ ma un rustico contadino mi ha sgrossato/ e mi ha detto: ‘Tu sei Priapo’./ Eppure mi guardi e continui a ridere?/ Ci credo, a te deve sembrare buffa/ questa colonna che svetta dal mio pube”. E già pare di sentire il riso delle olgettine.

Così nel giorno in cui si decide del processo breve, pare significativo apprendere da una testimone diciottenne che a quel punto della cerimonia Berlusconi consegnava la statuetta alle sue graziose ospiti che a loro volta se la passavano dopo averne baciato la macrospica protuberanza, come pure se la strusciavano sulle sise – e qui un giornalista politico, pure avvezzo alle scialbe liturgie della Prima Repubblica, si sentirebbe anche un po’ in imbarazzo da flagrante guardonismo. Sennonché pare di cogliere nella movimentata scenetta l’eco di una “falloforia”, o “fallogogia”, ovvero una speciale processione augurale, un rito di fertilità, una protezione contro il malocchio, magari anche calato sul sesso.

E’ curioso, riguardo all’annosa distinzione tra sfera pubblica e sfera molto, ma molto privata, come nessuno dalle parti di Berlusconi, e quindi del potere, abbia calcolato che qualcuno o qualcuna prima o poi avrebbe divulgato queste storie che anche nelle loro forme più narrative e bizzarre comunque attengono alla religione e alla magia.

Per il resto, che non è poco, forse un giorno si racconterà che come Giuliano l’Apostata Silvio Berlusconi convocò gli dei dell’Olimpo, ma “se li vide comparire stanchi e umbratili”.
 13/04/2011

ceccarelli.blogautore.repubblica.it/lidoletto-di-priapo

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