Il reato, certi reati, ad esempio la corruzione, non sono più perseguibili dopo cinque anni se l’imputato ha 65 anni ed è incensurato grazie alle attenuanti generiche. L’atteso e annunciato disegno di legge sulla prescrizione breve pensato e realizzato su misura per il Presidente del Consiglio prende forma a metà pomeriggio. La quinta essenza della legge ad personam, la ventunesima, porta la firma dell’onorevole pidiellino Andrea Vitali che di recente, a gennaio, si era già distinto per un’altra mossa più realista del re (punire i magistrati che abusano delle intercettazioni).
Ma la regina delle salva-premier diventa subito un giallo: l’onorevole avvocato Niccolò Ghedini, che pure in questi giorni l’ha più volte annunciata, ne prende le distanze. Dice che quel testo «non è concordato» e che è «solo l’iniziativa personale dell’onorevole Vitali» che la dovrà quindi «ritirare». Vitali, dietro il cui nome si muovono però anche altri onorevoli avvocati del Pdl, non replica alla precisazione di Ghedini e il testo di legge, a sera, resta dov’è.
Nella guerra quotidiana tra il premier e i suoi processi, quattro tra cui Ruby, accadono cose che non potevamo neppure immaginare: il Parlamento piegato ogni giornodi più - ad esempio con il conflitto tra poteri dello Stato - alle bizze del premier e al suo definirsi «vittima e perseguitato delle toghe comuniste »; testi di legge che non è più sufficiente neppure definire «su misura»; l’agenda del governo di un paese pieno di problemi, soprattutto economici, costretta ad inseguire le date dei processi nel tentativo di offuscarli mediaticamente. Così giovedì prossimo (10 marzo) il Consiglio dei ministri approverà la riforma della giustizia e il giorno dopo il premier dovrebbe essere in aula a Milano per rispondere di corruzione in atti giudiziari nei confronti dell’avvocato inglese David Mills.
Ieri anche il giallo sulla prescrizione breve che ha tutta l’aria di nascondere il malcontento di una larga fetta di onorevoli-avvocati (nel Pdl, tra Camera e Senato, ce ne sono oltre 50 ) nei confronti proprio del più onorevole-avvocato di tutti, Niccolò Ghedini, il difensore del premier ma anche ministro della Giustizia ombra. Il testo Vitali prevede che il giudice, in presenza di un imputato incensurato o che abbia superato i 65 anni di età, «è obbligato ad applicare sempre ecomunquele attenuanti generiche. Con conseguente riduzione dei tempi di prescrizione del reato». La normaè perfetta per togliere di mezzo almeno due dei processi che affliggono il premier: Mediaset-diritti tv e Mills.
Ma spulciando tra i 44 articoli che riscrivono in buona parte codice penale e procedura, Donatella Ferranti, capogruppo del Pd in Commissione Giustizia, ne scopre uno che potrebbe affossare anche il processo Ruby, il vero incubo di Berlusconi.
L’articolo 11, infatti, obbliga il pm ad iscrivere subito al registro degli indagati anche chi è appena e non del tutto coinvolto in un’indagine. Ritiene, Vitali, che l’iscrizione sia un momento di chiarezza da parte del pm e quindi di garanzia per l’indagato. Quindi basta con il decidere di volta in volta chi iscrivere e quando. Se la norma dovesse diventare legge, gli atti dell’inchiesta Ruby diventerebbero nulli visto che il premier è stato iscritto a dicembre (perchè solo in quel momento la procura ha avuto la certezza che il premier fosse realmente coinvolto) mentre Fede, Mora e Minetti a settembre.
LA RABBIA DI GHEDINI Quella che propone Vitali è una forzatura mostruosa. Che fa subito gridare allo scandalo Pd (Ferranti) e Idv (Di Pietro). E che, a quanto pare, fa inorridire lo stesso Ghedini. Il quale è costretto ad apprendere dall’agenzia di stampa Ansa la mossa dei colleghi parlamentari. E deve ricorrere alle stesse agenzie per bocciare la fuga in avanti di Vitali. C’è da chiedersi cosa stia succedendo nel Pdl se Ghedini, il king maker assoluto nelle questioni di giustizia, si ritrova superato a destra da un suo collega e senza neppure saperlo.
Non è un mistero che nell’afflato padronale e nel desiderio di mettersi in luce per togliere il Capo dai guai, ognuno a modo suo nel Pdl cerchi di scovare una soluzione.
Ma il giallo della norma Vitali - tra l’altro un vecchio testo di riforma del processo penale a cui aveva lavorato Forza Italia nel 2001 - dimostra a che punto è arrivato il malessere e il disorientamento nel partito. Il testo Vitali non sarà probabilmente ritirato, questione di puntiglio, ma di sicuro non troverà le condizioni per andare avanti. Detto questo Ghedini o chi per lui deve presentare il prima possibile, e possibilmente al Senato, la norma sulla prescrizione breve per risolvere almeno due processi su quattro. Il terzo, Mediatrade, è ancora in fase di udienza preliminare (ricomincia sabato) e c’è tempo per capire come renderlo inoffensivo. Resta il dibattimento Ruby, 6aprile, la data che assilla il premier anche se ostenta sicurezza e dice: «Sarò in aula, io voglio sempre andare, sono i miei avvocati che lo sconsigliano.
E più di tutti voglio fare il processo Ruby». Ma per questo processo il premier può contare solo sui suoi legittimi impedimenti istituzionali per posticipare qualche udienza. E sul doppio conflitto: quello tra poteri dello Stato che la Camera con ogni probabilità solleverà davanti alla Consulta; quello sulla competenza funzionale (Tribunale dei ministri) che gli avvocati solleveranno davanti alla Cassazione nella prima udienza. In ogni caso, potranno forse bloccare la sentenza. Ma non il processo.
3 marzo 2011
unita.it/
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