domenica 20 febbraio 2011

Libia, la repressione fa più di 100 morti: Berlusconi: "Non disturbo Gheddafi"

Proteste soffocate nel sangue. Nella notte bloccato il traffico internet in tutto il paese. Pd e Terzo Polo chiedono un intervento del premier, che glissa: "Mi preoccupa che possano arrivare clandestini". Tensione in Algeria. Giallo su Ben Ali: "L'ex presidente tunisino è morto", ma non ci sono conferme

TRIPOLI - Almeno 120 morti e oltre mille feriti. Questo, secondo esponenti dell'opposizione in esilio, il bilancio delle vittime degli scontri tra forze dell'ordine e manifestanti che da tre giorni infiammano la Libia. L'organizzazione Human Rights Watch ha riferito di 84 morti. Bilancio drammatico anche quello riportato dall'emittente Al Jazeera, secondo cui le forze della sicurezza libica hanno ucciso almeno 70 manifestanti a Bengasi, seconda città del Paese. "L'ho visto con i miei occhi: almeno 70 cadaveri in ospedale", ha raccontato un medico, Wuwufaq al-Zuwail, aggiungendo che le forze della sicurezza hanno impedito alle ambulanze di recarsi nei luoghi delle proteste. Sempre Al Jazeera ha dato notizia di 15 persone uccise dalle forze di sciurezza durante un corteo funebre. In serata inoltre le autorità libiche hanno fatto sapere di aver arrestato decine di cittadini stranieri di Paesi arabi appartenenenti a una "rete" che aveva lo scopo di destabilizzare il Paese.

A Bengasi, la situazione è particolarmente tesa. Secondo la Bbc parte dei soldati libici si sono uniti oggi in strada ai manifestanti. "I soldati sono cittadini di questo Paese e non possono combattere contro di noi", ha dichiarato uno dei dimostranti al sito della televisione britannica. In precedenza Al Jazeera aveva riferito che per le strade di Bengasi erano stati schierati mercenari e che cecchini sparavano sui manifestanti, provocando la morte ed il ferimento di diverse persone.

La tv satellitare ha raccontato anche di proteste in aumento contro il colonnello Muammar Gheddafi. Spiegando che il governo di Tripoli ha bloccato il segnale di al Jazeera nel paese, l'emittente riferisce inoltre che è stato oscurato anche il sito web. In questo caso non si tratta però di un provvedimento mirato. L'accesso a Internet, secondo quanto affermato da Arbor Networks, una società specializzata nella sorveglianza del traffico web basata negli Stati Uniti, è stato infatti bloccato completamente in Libia nel corso della notte. La Libia ha "bruscamente interrotto" l'accesso a internet alle 02.15 locali (le 1.15 in Italia), ha precisato la società, aggiungendo che le connessioni internet erano già molto disturbate ieri.

"Berlusconi: Preoccupato, ma non ho sentito Gheddafi". Dopo le richieste da parte dell'opposizione di una presa di posizione da parte del governo italiano sulle violenze in Libia, Silvio Berlusconi si dice preoccupato per ciò che sta accandendo nell'intera area. Non ho sentito Gheddafi, aggiunge: "La situazione è in evoluzione e quindi non mi permetto di disturbare nessuno". In una telefonata ad una manifestazione del Pdl a Cosenza, il premier aggiunge: "Siamo preoccupati per quel che succede nel nord Africa e per quello che potrebbe accadere a noi se arrivassero tanti clandestini. Mi sto interessando direttamente e stiamo seguendo con il cuore in gola quello che succede".

Il silenzio delle autorità italiane su quanto sta avvenendo in Libia è "terribile e assordante", ha denunciato Walter Veltroni. "In pochi giorni ci sono stati quasi cento morti e non c'è stata ancora alcuna reazione ufficiale. Il grande sommovimento che, in nome del pane e della libertà, sta scuotendo l'Africa mediterranea è una cosa che riguarda direttamente l'Italia", afferma l'esponente del Pd. "E' necessaria una posizione ferma del nostro paese. Ogni ulteriore attesa sarebbe gravissima".

Anche l'Udc condanna la mancata presa di posizione delle autorità italiane: "Chiediamo che il governo riferisca
in Parlamento al più presto su quanto sta avvenendo e che le Camere esprimano una condanna netta e ferma per atti di violenza perpetrati nei confronti di spontanee manifestazioni di protesta popolare contro un regime tirannico", dice il leader Pierferdinando Casini, mentre Angelo Bonelli, dei Verdi, chiede al governo di non trasformarsi in una "stampella del regime dittatoriale libico". Il governo italiano "deve immediatamente togliere il suo sostegno al colonnello Gheddafi ed al suo regime. Il nostro governo non può continuare a sostenere ad un dittatore che governa violando sistematicamente i diritti umani e negando la democrazia al suo popolo", conclude.

Benedetto Della Vedova (Fli), chiede al governo di non tollerare oltre la repressione in Libia e di intervenire "nei confronti di Gheddafi che sta facendo sparare sui manifestanti". Il premier "deve ora dire con chiarezza se l'Italia e il suo governo sta con chi spara o con chi riceve i colpi, con chi manifesta per la liberta e la democrazia o con chi reprime le manifestazione", aggiunge. Per Francesco Rutelli, le parole del premier sul fatto di non voler disturbare Gheddafi sono "sbalorditive".  Il leader di Alleanza per l'Italia ha annunciato la presentazione al Senato di una interpellanza urgentissima al ministro degli Affari esteri nella quale chiede a Frattini se la linea di "non disturbare Gheddafi", esposta dal presidente del Consiglio, sia anche la linea dell'Unione Europea.

Dall'Italia dei Valori, Fabio Evangelisti dice: "E' ora che, dopo quarant'anni, Gheddafi vada a casa. L'Italia ha responsabilità storiche nei confronti del popolo libico, quello stesso popolo che, oggi, reclama libertà e giustizia. Abbiamo il dovere - conclude Evangelisti - di aiutare la transizione sospendendo, da subito, il discusso trattato di amicizia che ha portato grandi vantaggi alla dittatura".
 
Scontri ad Algeri, deputato in coma. Ma non è solo la Libia a preoccupare: la situazione è tesa anche in Algeria, dove centinaia di manifestanti sono scesi in piazza ad Algeri, sfidando il divieto delle autorità. Nella piazza del 1 maggio, luogo di ritrovo del corteo dell'opposizione, le forze di sicurezza hanno impedito di sostare e secondo testimonianze dal luogo, la polizia ha caricato i manifestanti. Un deputato algerino del partito di opposizione Raggruppamento per la cultura e la democrazia (RCD), Tahar Besbes, è in coma dopo essere stato colpito da un pugno da un agente durante la manifestazione di Algeri, ma le sue condizioni, nel corso delle ore sembrano migliorare.

Qualsiasi passante che si ferma viene picchiato dalla polizia, riferisce il quotidiano algerino indipendente al-Watan. "Il dispositivo di sicurezza - si legge sul sito - è presente in modo massiccio, molto più numeroso della settimana scorsa, ed ha di fatto chiuso quasi ermeticamente la piazza". Il corteo convocato dal Coordinamento nazionale per il cambiamento e la democrazia (Cncd) segue di una settimana un'altra manifestazione dell'opposizione algerina, repressa dalla polizia con cariche ed arresti.

Tunisia, "Ben Ali è morto", ma non ci sono conferme. 
E' giallo, intanto, sulla sorte dell'ex-presidente tunisino, Zine al-Abidine Ben Ali. Anche oggi, tra Europa e Medio Oriente, sono circolate voci che lo davano morto. Voci tuttavia non confermate da fonti ufficiali. Da giorni sul web si intrecciano indiscrezioni in merito a un ictus che avrebbe colpito lunedì il presidente tunisino Ben Ali, che sarebbe stato ricoverato in un ospedale di Gedda, in Arabia Saudita. Sul presidente si è espresso anche Silvio Berlusconi: Non credo sia morto, ha detto rispondendo ad una domanda dei giornalisti. "Non credo, perché le notizie di ieri da quella fonte lì, non mi sono state confermate da Tunisi".
 
Bahrein, sciopero generale da domenica.
La tensione torna a salire anche in Bahrein. I blindati hanno lasciato piazza delle Perle, a Manama, teatro nei giorni scorsi di una violenta repressione da parte della polizia contro i manifestanti sciiti, ma i manifestanti sono tornati sul luogo, subito dopo lo sgombero. Pochi all'inizio, ma con il passare delle ore sono aumentati, fino ad arrivare a migliaia e hanno ripiantato le tende nel luogo simbolo della protesta. Immediata la reazione della polizia, che ha usato i gas lacrimogeni per disperdere l'assembramento. Una settantina di persone sono state portate in ospedale, ferite per i lacrimogeni o colpite da proiettili di gomma.

L'esercito era sceso nelle strade della capitale giovedì, poche ore dopo lo sgombero di un improvvisato accampamento dei manifestanti nella piazza. Stamane, il re del Bahrein, Hamad bin Isa al-Khalifa, ha incaricato il principe ereditario di avviare un dialogo nazionale con "tutte le parti" per risolvere la crisi innescata dalle proteste di piazza. Il principe ha ordinato alla polizia di "restare alla larga degli assembramenti", mentre i manifestanti si riversavano in piazza delle Perle. L'opposizione ha respinto l'offerta al dialogo chiedendo che prima il governo si dimetta e i militari si ritirino dalle strade. L'unione generale dei sindacati ha convocato uno sciopero generale illimitato a partire da domani per chiedere la libertà di manifestare in maniera pacifica, senza l'intervento delle forze dell'ordine.

Obama chiama il re: "Condanniamo le violenze". Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha personalmente telefonato al re del Bahrein, Hamad Bin Isa Al-Khalifa, condannando "l'uso della violenza contro i pacifici manifestanti" in Bahrein, Libia e nello Yemen, che offre un'importante cooperazione nella lotta antiterrorismo all'America. "Come alleato di lunga data del Bahrein - riferisce una nota della Casa Bianca - gli Usa ritengono che la stabilità del paese dipenda dal rispetto dei diritti universali e da riforme che rispondano alle aspirazioni di tutti i cittadini". Il Bahrein, infatti, ospita la quinta flotta Usa.

Yemen, due morti. Nello Yemen, scontri violenti hanno contrapposto manifestanti e sostenitori del regime intorno all'università di San'a: uno studente è stato ucciso a colpi di arma da fuoco e altri cinque sono rimasti feriti. Si tratta del primo morto nella capitale dall'inizio della contestazione contro il presidente Ali Abdallah Saleh, al potere da 32 anni. In serata fonti dell'ospedale di Aden hanno riferito che un adolescente è stato  ucciso nel tentativo delle forze di sicurezza yemenite di disperdere una manifestazione.

Feriti in Kuwait. Il vento della rivolta contagia anche il Kuwait, dove circa 300 lavoratori stranieri, privi di qualsiasi diritto, chiedono la cittadinanza. La polizia ha disperso la manifestazione sparando gas lacrimogeni in un villaggio fuori Kuwait City. Lo riferisce Maha al-Barjas, della Ong Kuwaiti Human Rights Society, secondo cui almeno sette persone sono rimasti ferite.
 19 febbraio 2011

repubblica.it/esteri/libia

Nessun commento:

Posta un commento