Il presidente della Camera parla all'assemblea costituente del suo partito: "Sovranità popolare non è impunità. La Costituzione va rispettata". "Certi ministri vogliono aizzare lo scontro con le toghe". "Siamo diventati lo zimbello del mondo occidentale per certi comportamenti"
MILANO - 'Qui c'è un piccolo miracolo che si è tradotto con questa assemblea. E che arriva dopo lo scetticismo di molti ed il travaglio interiore iniziati con il percorso intraprese il 29 luglio e cioè con la nostra estromissione dal Pdl". Il presidente della Camera Gianfranco Fini, interviene così all'assemblea costituente di Fli che l'ha nominato presidente. Sferrando affondi a Berlusconi e al Pdl, rivendicando il progetto futurista (federalismo, legge elettorale, poi elezioni nella primavera del 2012). E sfidando il Cavaliere: "Dimettiamoci entrambi e poi si vada al voto".
Il presidente della Camera inizia il suo intervemto attaccando il premier e prendendo spunto dall'appello ad abbassare i toni lanciato dal presidente della Repubblica. "No alla scorciatoia per una deriva plebiscitaria, ci sono le regole della Costituzione - dice il presidente di Fli - Non si può richiamare a ogni piè sospinto la sovranità popolare, neppure se si è eletti con il 99,9% dei consensi, e dimenticare che non ci si può considerare al di sopra della legge e coperti da un'assolutà impunità".
Poi, però, chiude alla via giudiziaria: "Berlusconi ha la sua maggioranza, è in
grado di andare avanti, dobbiamo prendere atto della sconfitta del 14 dicembre. Non è attendendo l'esito dei processi che si supera Berlusconi o lo si archivia, ma agendo nella società italiana". Dimissioni? "Non illudiamoci, Berlusconi non si dimette e la differenza con me è che se non sta a palazzo Chigi ha qualche problema che non ho io se mi dimetto da presidente della Camera".
Polemiche sulla giustizia. "Se il Capo dello Stato - continua Fini - ha chiesto di abbassare i toni lo ha fatto perchè credo che sia evidente che se vogliamo evitare un corto circuito tra le istituzioni non possiamo commettere l'errore di alzare i muri. Se i ministri della Repubblica dicono che i primi che devono abbassare i toni sono i magistrati è di tutta evidenza che c'è un approccio che non può portare ad alcun tipo di raffreddamento. La politica non può attaccare frontalmente la magistratura arrivando a fare comunicati presi pari pari dalla storia più drammatica della storia italiana. Così si vuole aizzare lo scontro. I magistrati non fanno comunicati, fanno indagini e se sbagliano pagano". Poi una replica a Berlusconi che aveva detto che "senza Fli si governa meglio": "Noi non ci siamo messi di traverso alla riforma della giustizia, ma a una riforma finalizzata a garantire posizione personali e non certo a migliorare la giustizia in Italia".
Caso Ruby. "Siamo diventati lo zimbello del mondo occidentale per certi comportamenti - dice Fini riferito al caso Ruby - Non è moralismo, retorica, demagogia, dire che ai nostri figli non possiamo soltanto insegnare che conta quanto guadagni, se riesci a farla franca, se qualcuno ti aiuta a non pagare dazio. Non è moralismo dire che non tutto è denaro ma bisogna impegnarsi con il lavoro, con il sacrificio, senza scorciatoie. Non si può prescindere dal dovere di far coincidere con la politica l'etica".
Unità d'Italia. "Per assecondare la Lega sbriciolano il senso dello Stato. Per quanto riguarda il 17 marzo probabilmente nel Pdl ci credono meno di quello che dicono riguardo alla necessità di difendere l'identità nazionale" afferma Fini dopo le polemiche sui festeggiamenti dell'Unità d'Italia.
Federalismo. Fini, apre alla discussione sul federalismo ma secondo lui prima bisogna fare il Senato federale delle regioni e di conseguenza discutere la legge elettorale.
Scontro sulla segreteria. "E' di tutta evidenza che non potrò esercitare il ruolo di presidente del partito, non posso mettere insieme il ruolo politico e di presidente della Camera. Mi autosospenderò, ma proprio perché dobbiamo organizzare il partito non si devono ripetere gli errori del passato: ci vuole una governance definita del partito, questa volta dirò di meno ma farà di più, non è pensabile un bilancino o la paralisi" dice Fini annunciando che a guidare il nuovo organigramma ci sarà un vicepresidente. "Servirà un ufficio di presidenza, un vicepresidente che avrà il compito di coordinatore il lavoro dei parlamentari. Occorrerà un portavoce, un coordinamento e una segreteria in cui non ci sarà un solo amico eletto in parlamento o in consiglio regionali". Parole che chiudono lo scontro tra falchi e colombe su Italo Bocchino che puntava a fare il coordinatore.
Il congresso di Futuro e Libertà si è dunque concluso mentre le trattative per la nomina degli organismi dirigenti proseguono dopo il fallimento della mediazione notturna tentata da Gianfranco Fini per pacificare 'falchi' e le 'colombe'. Il presidente della Camera è tutt'ora riunito con lo stato maggiore di Fli per decidere la composizione del nuovo organigramma. A ricoprire l'incarico di vice presidente del partito dovrebbe essere Italo Bocchino con Roberto Menia che lo sostituirebbe nell'incarico di presidente del gruppo alla Camera.
Adolfo Urso dovrebbe invece coordinare la segreteria composta da persone senza incarichi politici. Nella riunione si dovrà poi decidere la composizione dell'ufficio di presidenza.
Il contestatore solitario. Fli è "un piccolo miracolo", ormai "nessuno può avere dei dubbi sulla strategia che ci vogliamo dare in questi mesi...". Gianfranco Fini aveva appena preso la parola all'Assemblea costituente quando un contestatore ha cercato di avvicinarlo. "Chiedo agli addetti alla sicurezza di accompagnarlo alla porta e di non maltrattarlo più di tanto...", ha 'risposto' il presidente di Fli.
(13 febbraio 2011)
repubblica.it/politica/
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