I dati sulla crisi dalla conferenza della Slc Cgil: "I lavoratori hanno pagato anche l'assenza del governo che ha lasciato mano libera a imprenditori-pirati". Accuse anche a Confindustria. La proposta di un osservatorio nazionale e di misure per contrastare le delocalizzazioni
ROMA - Dal settembre i posti di lavoro perduti sono 8.670 ed altri 12.990 sono a rischio nel primo semestre di quest'anno. A perdere i lavoro sono stati soprattutto giovani (il 68% ha meno di 40 anni), in gran parte donne (68%), con un tasso di scolarizzazione superiore alla media (29% laureati, 54% diplomati) e residenti perlopiù nel Sud e nelle Isole (70,5%). E' il quadro della crisi dei call center e delle "vittime" mietute in Italia dall'inizio della recessione, come emerso a Roma alla terza conferenza dei lavoratori del settore, organizzata dalla Slc Cgil.
All'incontro sono stati presentati i dati del quarto Rapporto sulla dinamica occupazionale nei call center in outsourcing". I numeri parlano chiaro: il settore è passato in un anno da 75mila a 67mila addetti e ora altri 13 mila sono a rischio. La crisi ha colpito più le regioni del Sud e delle Isole, ma la precarietà attuale non risparmia nessuno: secondo il rapporto, i posti in bilico attualmente sono 1.800 in Lombardia, 1.600 in Piemonte, 350 in Veneto, 700 in Liguria, 450 in Emilia Romagna, 450 in Toscana, 230 nelle Marche e 1.100 nel Lazio. Non va meglio scendendo al Sud: 700 in Abruzzo, 600 in Campania, 1.600 in Calabria: 480 in Basilicata, 1.100 in Puglia, 380 in Sardegna, e 1.450 in Sicilia.
"Questo è un settore rispetto al quale da più di un anno il governo dovrebbe dare delle risposte - ha detto nel suo intervento Susanna Camusso, segretario generale Cgil - : il sottosegretario Letta aveva assunto degli impegni ad aprire un tavolo su questo settore, a occuparsi della politica industriale. Ci sono avvisi comuni e opinioni comuni tra il sindacato e le imprese, e la totale disattenzione del governo".
L'analisi della situazione non poteva che partire dai costi sociali della crisi in un settore in cui l'assenza di regole definite e di controlli ha, da un lato, lasciato mano libera a speculatori, imprenditori-pirata e a operazioni oscure che spesso sono finite in fascicoli giudiziari (come nei casi Phonemedia e Omega, per citare i più clamorosi) e, dall'altro, accentuato la debolezza contrattuale e le condizioni di lavoratori che già in partenza ricevono salari tra i più bassi del settore privato (-18% rispetto alla media calcolata dall'Istat nel terziario).
Le delocalizzazioni "selvagge", ha detto Camusso, sono uno dei problemi per i quali non sono arrivate risposte sufficienti dal governo che anzi, attraverso un sistema "perverso" di agevolazioni, favorisce l'apertura di nuove aziende anziché sostenere quelle già attive, con la conseguenza che gli imprenditori chiudono un call center per aprirne un altro a poche centinaia di metri (senza riassorbire il "vecchio" personale, specie quello sindacalizzato) per usufruire di nuovi incentivi. Con l'aggravante che, tra l'altro, spesso si portano appresso le commesse e una clientela formata nella gran parte dei casi da grandi aziende, spesso a partecipazione pubblica, ed enti pubblici.
Alla conferenza della Slc Cgil, proprio su questo punto sono state rimarcate le responsabilità anche etiche di Confindustria per la "totale assenza di volontà da parte delle imprese committenti di definire una volta per tutte clausole sociali o capitolati di appalto-tipo"; una mancanza che finisce per scaricare sugli outsourcer la riduzione dei ricavi e sui lavoratori le conseguenze dei tagli.
Nell'ampia piattaforma rivolta a governo, enti locali e organizzazioni degli imprenditori, la Slc Cgil propone fra le altre cose la creazione di un osservatorio nazionale sul settore, interventi legislativi a favore delle aziende che non delocalizzano, la determinazione di un costo medio orario nazionale, al di sotto del quale sia vietata l'assegnazione di commesse, riconoscere il settore come industriale al fine di consentire ai lavoratori l'accesso alla cassa integrazione (oggi escluso), l'obbligo per le aziende partecipate di seguire le regole degli appalti pubblici, un piano straordinario di lotta all'illegalità ed all'evasione contributiva nei call center.
Il segretario della Slc Cgil, Enrico Miceli, ha preannunciato una ripresa della mobilitazione unitaria con Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, in difesa di lavoratori che costituiscono una nuova "nicchia di povertà", minacciata dai processi di delocalizzazione "a cominciare dall'italiana Alitalia che pensa di servire nel migliore dei modi i propri clienti ricorrendo ai call center in Albania".
18 fbbraio 2011
repubblica.it/call center quasi 9mila posti persi dal 2009
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