Il provvedimento rientra nel procedimento che vede l'ex parlamentare della Lega accusato di aver dato alla stampa atti secretati che riguardano il pm di Milano, Ilda Boccassini. Ieri gli inquirenti erano andati nella sua abitazione sulla collina torinese sequestrandogli il computer
ROMA - "Sono tornati a casa mia a Torino e hanno fatto anche una perquisizione corporale". A renderlo noto è il componente laico del Csm Matteo Brigandì, indagato per abuso d'ufficio con l'accusa di aver divulgato degli atti riservati sul Pm Ilda Boccassini 1 alla cronista del Giornale, Anna Maria Greco. La giornalista è al centro di una polemica per le modalità di svoglimento delle indagini, che hanno comportato anche nel suo caso una perquisizione fisica.
Già la notte scorsa gli inquirenti avevano perquisito l'abitazione 2 dell'ex parlamentare della Lega sequestrandogli il computer. Oggi sono tornati e, come spiega lo stesso Brigandì, hanno perquisito anche lui personalmente. Il componente laico del Csm ha ricevuto anche un avviso di garanzia.
Nell'ambito dell'inchiesta il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, che coordina l'indagine, aveva ordinato una serie di perquisizioni nella redazione romana de Il Giornale e nell'abitazione della giornalista Anna Maria Greco. L'indagine a carico di Brigandì è partita da una denuncia da parte dello stesso Consiglio superiore della magistratura dopo la
rivelazione di Repubblica 3 del 28 gennaio, che sosteneva come il consigliere avesse preteso gli fosse consegnato, per documentarsi, il vecchio fascicolo della disciplinare su Ilda Boccassini.
A proposito degli atti, Brigandì però ha smentito ogni cosa: "Ho fatto richiesta di quella documentazione al Csm perché volevo documentarmi personalmente. Non ho divulgato le carte in alcun modo. Né ho parlato con nessuno di quanto vi avevo letto. Sfido chiunque - ha detto Brigandì - a dimostrare il contrario". Intanto, l'ufficio del consigliere laico a cui erano stati apposti i sigilli 4 il primo febbraio, è stato dissequestrato.
Sul caso Brigandì e la pubblicazione sul 'Giornale' del fascicolo segretato del procedimento disciplinare del Csm di anni fa su Ilda Boccasini, pm del processo Ruby, palazzo dei Marescialli "ha già fatto ciò che andava fatto" e "ha informato chi di dovere quando ne è venuto a conoscenza" con il risultato che "la magistratura ha assunto le sue iniziative" e "ora noi siamo spettatori" perché "non sta a noi anticipare giudizi né tanto meno condanne", consapevoli semmai che una volta che la magistratura avrà concluso la sua inchiesta sulla fuga di notizie, "potranno al bisogno essere attivati gli strumenti che il nostro regolamento predispone".
(03 febbraio 2011)
repubblica.it/brigandi
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