La procura sposa la tesi dei pm di Trani e chiede alla Camera di usare le telefonate del premier. Che proprio ieri ha deciso di rispolverare la porcata anti-intercettazioni
La Procura di Roma vuole procedere contro Silvio Berlusconi per concussione e minaccia a corpo dello Stato. Il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare che il 3 febbraio 2011 il Procuratore capo Giovanni Ferrara ha firmato la richiesta di utilizzazione delle telefonate intercettate nel procedimento di Trani a carico di Berlusconi. Sono le famose conversazioni dell’autunno caldo del 2009 tra il commissario dell’Autorità Garante delle Comunicazioni, Giancarlo Innocenzi, e il premier rivelate all’opinione pubblica dal Fatto con uno scoop che è costato al nostro Antonio Massari una perquisizione e un’inchiesta per rivelazione di segreto. In quelle telefonate il commissario (già sottosegretario del Pdl) era sottoposto a ripetute e crescenti pressioni per chiudere Annozero e gli altri talk-show sgraditi da parte del premier.
Per esempio, il 14 novembre del 2009 Berlusconi gli notifica: “Ho fatto l’altra sera nel corso della trasmissione Annozero una telefonata indignata al presidente dell’Autorità Calabrò dicendogli: ‘Sta guardando la trasmissione? Ma è una cosa oscena quello che succede!’”. Di fronte alle giustificazioni balbettanti di Innocenzi sui suoi limitati poteri, il Cavaliere ordina: “Adesso bisogna concertare che l’azione vostra (dell’Agcom, ndr) sia da stimolo e consenta alla Rai di dire: ‘Chiudiamo tutto’’”. Un’altra telefonata rilevante per i pm romani è quella del 28 novembre. Dopo la puntata di Annozero sul caso Mills, Berlusconi torna alla carica con Innocenzi: “È una cosa assurda questo Garante! Se voi non riuscite nemmeno a intervenire e a dire che non si fanno i processi in televisione … ma che cazzo di organismo siete? Lasciate andare avanti una cosa del genere? Ma scusami che cazzo siete lì a fare?”.
Quando le intercettazioni vengono pubblicate dal Fatto nel marzo del 2009 esplode l’indignazione per un premier-magnate delle tv che tratta come un maggiordomo il commissario Agcom, nominato dal Parlamento, inamovibile per 8 anni e pagato 400 mila euro all’anno proprio per garantire la sua indipendenza. Ma subito entrano in funzione i soliti ammortizzatori mediatici e giudiziari. L’indagine, come oggi Berlusconi chiede per il caso Ruby, finisce al Tribunale dei ministri, che potrà condannare Berlusconi solo con l’autorizzazione del Parlamento. Il Collegio dei reati ministeriali sente una decina di persone, compresi il Direttore generale della Rai Mauro Masi, Innocenzi e il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò, poi passa la palla alla Procura di Roma che – per legge – deve formulare la sua richiesta: archiviazione o richiesta di rinvio a giudizio. La stampa amica preme per la prima ipotesi e Piero Ostellino arriva a scrivere sul Corriere: “il comportamento di Berlusconi è censurabile politicamente e, se vogliamo, eticamente, dagli elettori; non perseguibile penalmente, se non da un Tribunale rivoluzionario”.
In questo clima, a sorpresa, la Procura di Roma trova il coraggio per vergare un provvedimento che va in senso opposto: quelle telefonate sono rilevanti penalmente. Il procuratore Giovanni Ferrara, l’aggiunto Alberto Caperna e i due sostituti Roberto Felici e Caterina Caputo con il loro atto del 3 febbraio scorso ne chiedono l’utilizzazione contro il presidente Silvio Berlusconi. La richiesta di utilizzazione delle telefonate non è ovviamente una condanna, né è equiparabile alla richiesta di rinvio a giudizio, ma certamente questo atto – tutt’altro che scontato – delinea una valutazione positiva della sostenibilità dell’accusa in un eventuale giudizio.
La stessa Procura di Roma ha spiegato, infatti, in un altro procedimento a carico di Berlusconi (quello per la corruzione dei senatori per dare la “spallata” a Prodi nel 2007) che la richiesta alla Camera è necessaria solo per usare le telefonate contro un parlamentare e non serve invece per usarle in suo favore. Se i pm avessero voluto archiviare l’indagine nata a Trani lo avrebbero fatto subito senza chiedere il permesso a nessuno. C’era anche una terza possibilità: la Procura avrebbe potuto chiedere subito il rinvio a giudizio senza chiedere di usare le intercettazioni. Un’opzione scartata perché l’accusa perderebbe vigore senza gli audio della voce imperiosa del premier che intima di chiudere Annozero a un Innocenzi balbettante.
I pm di Roma con questo atto di fatto sposano la tesi del collega di Trani. Dal 3 febbraio 2011 quattro magistrati romani, compreso il capo dell’ufficio, condividono il lavoro del coraggioso magistrato pugliese Michele Ruggiero, che ha alzato il velo sui traffici telefonici tra Masi, Innocenzi e Berlusconi. In questo triangolo delle Bermuda dovevano scomparire per sempre dagli schermi le voci ostili al Cavaliere. Una strategia recentemente riattivata con gli stessi strumenti adottati allora, a partire dal regolamento che vieta di raccontare i processi in tv. Era questa l’arma letale vagheggiata dal Cavaliere e da Innocenzi nelle intercettazioni per bloccare le puntate di Annozero sui processi a Cosentino e Dell’Utri. Ed è sempre quel regolamento a essere stato riesumato ora dal Direttore generale Mauro Masi nella sua telefonata ‘dissociata’ ad Annozero per il caso Ruby.
Proprio quando l’assedio ai talk show politici riparte, la magistratura batte finalmente un colpo. Ora a ritenere che in quelle telefonate ci siano elementi di prova utili a contestare al presidente del consiglio Berlusconi una serie di reati gravissimi sono i vertici dell’ufficio più prudente e potente d’Italia. Se il Tribunale dei ministri accogliesse l’impostazione della Procura di Roma, il premier rischierebbe un processo con accuse ancora più gravi di quelle formulate a Milano. Accanto alla concussione, contestata anche nel caso Ruby (il più grave dei reati contro la pubblica amministrazione punito con la reclusione fino a 12 anni) nel caso Agcom c’è anche la minaccia a corpo dello Stato, punita con la reclusione fino a sette anni. Il procuratore capo Giovanni Ferrara e l’aggiunto Alberto Caperna hanno passato ore a riascoltare le telefonate per interpretarne il senso e il tono delle parole del premier. Dopo quattro mesi di riflessioni insieme ai due sostituti hanno deciso di spedire la richiesta di autorizzazione all’uso delle intercettazioni al Tribunale dei ministri.
Ora sarà questo collegio composto da tre giudici estratti a sorte a decidere il destino del premier. Il presidente del collegio Eugenio Curatola (giudice della seconda sezione civile del Tribunale di Roma) e i due componenti Alfredo Maria Sacco (giudice civile a Roma) e Pier Luigi Balestrieri (giudice penale a Tivoli) certamente terranno in considerazione le valutazioni dei cinque pm. Se confermeranno la linea della Procura, la parola passerà alla Giunta e poi all’aula della Camera dei deputati. Solo allora davvero si potrà dire che a Roma c’è un “giudice rivoluzionario”.
Per esempio, il 14 novembre del 2009 Berlusconi gli notifica: “Ho fatto l’altra sera nel corso della trasmissione Annozero una telefonata indignata al presidente dell’Autorità Calabrò dicendogli: ‘Sta guardando la trasmissione? Ma è una cosa oscena quello che succede!’”. Di fronte alle giustificazioni balbettanti di Innocenzi sui suoi limitati poteri, il Cavaliere ordina: “Adesso bisogna concertare che l’azione vostra (dell’Agcom, ndr) sia da stimolo e consenta alla Rai di dire: ‘Chiudiamo tutto’’”. Un’altra telefonata rilevante per i pm romani è quella del 28 novembre. Dopo la puntata di Annozero sul caso Mills, Berlusconi torna alla carica con Innocenzi: “È una cosa assurda questo Garante! Se voi non riuscite nemmeno a intervenire e a dire che non si fanno i processi in televisione … ma che cazzo di organismo siete? Lasciate andare avanti una cosa del genere? Ma scusami che cazzo siete lì a fare?”.
Quando le intercettazioni vengono pubblicate dal Fatto nel marzo del 2009 esplode l’indignazione per un premier-magnate delle tv che tratta come un maggiordomo il commissario Agcom, nominato dal Parlamento, inamovibile per 8 anni e pagato 400 mila euro all’anno proprio per garantire la sua indipendenza. Ma subito entrano in funzione i soliti ammortizzatori mediatici e giudiziari. L’indagine, come oggi Berlusconi chiede per il caso Ruby, finisce al Tribunale dei ministri, che potrà condannare Berlusconi solo con l’autorizzazione del Parlamento. Il Collegio dei reati ministeriali sente una decina di persone, compresi il Direttore generale della Rai Mauro Masi, Innocenzi e il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò, poi passa la palla alla Procura di Roma che – per legge – deve formulare la sua richiesta: archiviazione o richiesta di rinvio a giudizio. La stampa amica preme per la prima ipotesi e Piero Ostellino arriva a scrivere sul Corriere: “il comportamento di Berlusconi è censurabile politicamente e, se vogliamo, eticamente, dagli elettori; non perseguibile penalmente, se non da un Tribunale rivoluzionario”.
In questo clima, a sorpresa, la Procura di Roma trova il coraggio per vergare un provvedimento che va in senso opposto: quelle telefonate sono rilevanti penalmente. Il procuratore Giovanni Ferrara, l’aggiunto Alberto Caperna e i due sostituti Roberto Felici e Caterina Caputo con il loro atto del 3 febbraio scorso ne chiedono l’utilizzazione contro il presidente Silvio Berlusconi. La richiesta di utilizzazione delle telefonate non è ovviamente una condanna, né è equiparabile alla richiesta di rinvio a giudizio, ma certamente questo atto – tutt’altro che scontato – delinea una valutazione positiva della sostenibilità dell’accusa in un eventuale giudizio.
La stessa Procura di Roma ha spiegato, infatti, in un altro procedimento a carico di Berlusconi (quello per la corruzione dei senatori per dare la “spallata” a Prodi nel 2007) che la richiesta alla Camera è necessaria solo per usare le telefonate contro un parlamentare e non serve invece per usarle in suo favore. Se i pm avessero voluto archiviare l’indagine nata a Trani lo avrebbero fatto subito senza chiedere il permesso a nessuno. C’era anche una terza possibilità: la Procura avrebbe potuto chiedere subito il rinvio a giudizio senza chiedere di usare le intercettazioni. Un’opzione scartata perché l’accusa perderebbe vigore senza gli audio della voce imperiosa del premier che intima di chiudere Annozero a un Innocenzi balbettante.
I pm di Roma con questo atto di fatto sposano la tesi del collega di Trani. Dal 3 febbraio 2011 quattro magistrati romani, compreso il capo dell’ufficio, condividono il lavoro del coraggioso magistrato pugliese Michele Ruggiero, che ha alzato il velo sui traffici telefonici tra Masi, Innocenzi e Berlusconi. In questo triangolo delle Bermuda dovevano scomparire per sempre dagli schermi le voci ostili al Cavaliere. Una strategia recentemente riattivata con gli stessi strumenti adottati allora, a partire dal regolamento che vieta di raccontare i processi in tv. Era questa l’arma letale vagheggiata dal Cavaliere e da Innocenzi nelle intercettazioni per bloccare le puntate di Annozero sui processi a Cosentino e Dell’Utri. Ed è sempre quel regolamento a essere stato riesumato ora dal Direttore generale Mauro Masi nella sua telefonata ‘dissociata’ ad Annozero per il caso Ruby.
Proprio quando l’assedio ai talk show politici riparte, la magistratura batte finalmente un colpo. Ora a ritenere che in quelle telefonate ci siano elementi di prova utili a contestare al presidente del consiglio Berlusconi una serie di reati gravissimi sono i vertici dell’ufficio più prudente e potente d’Italia. Se il Tribunale dei ministri accogliesse l’impostazione della Procura di Roma, il premier rischierebbe un processo con accuse ancora più gravi di quelle formulate a Milano. Accanto alla concussione, contestata anche nel caso Ruby (il più grave dei reati contro la pubblica amministrazione punito con la reclusione fino a 12 anni) nel caso Agcom c’è anche la minaccia a corpo dello Stato, punita con la reclusione fino a sette anni. Il procuratore capo Giovanni Ferrara e l’aggiunto Alberto Caperna hanno passato ore a riascoltare le telefonate per interpretarne il senso e il tono delle parole del premier. Dopo quattro mesi di riflessioni insieme ai due sostituti hanno deciso di spedire la richiesta di autorizzazione all’uso delle intercettazioni al Tribunale dei ministri.
Ora sarà questo collegio composto da tre giudici estratti a sorte a decidere il destino del premier. Il presidente del collegio Eugenio Curatola (giudice della seconda sezione civile del Tribunale di Roma) e i due componenti Alfredo Maria Sacco (giudice civile a Roma) e Pier Luigi Balestrieri (giudice penale a Tivoli) certamente terranno in considerazione le valutazioni dei cinque pm. Se confermeranno la linea della Procura, la parola passerà alla Giunta e poi all’aula della Camera dei deputati. Solo allora davvero si potrà dire che a Roma c’è un “giudice rivoluzionario”.
19 febbraio 2011
Nessun commento:
Posta un commento