lunedì 29 agosto 2011

TRA STADI E URNE - Calciatori e Bocchino: puniamo gli strafottenti

È giunta l'ora della rivolta popolare contro i super-privilegiati.

Ci sono degli esempi di improntitudine che fanno strabuzzare gli occhi: i calciatori che, poverini, tra un calcioscandalo e una seduta all'Hollywood, fanno sciopero perché non vogliono sborsare un decimo dei contratti milionari (in euro) che li fanno vivere in favole infinite; e il politico Bocchino, che usa l'auto blu munita di scorta per andare al mare con tale Sabina Began, secondo i giudici un'animatrice dei Bunga bunga di Arcore.
L'arroganza non sta tanto nei comportamenti di tal fatta – mentre il Paese-Titanic rischia di affondare – quanto nelle giustificazioni.

MAI UNO SCIOPERO GIUSTO. Gli sceicchi del calcio giurano di agitarsi per il bene collettivo della categoria, ovvero la tutela dei colleghi meno fortunati: ma è una favola da libro Cuore recitata da impuniti: mai uno sciopero per protestare contro l'ennesimo scandalo, il doping, le scommesse, e della morte di Donato Bergamini, il calciatore “suicidato” a Cosenza, nessuno mai si è occupato, tantomeno i colleghi-divi.

Il Bocchino e la Began (pare una pellicola di Tinto Brass) sostengono di dedicarsi alla ricucitura dei rapporti in seno alla maggioranza.
E aggiungono: poveri noi, che vita ingrata, sempre con la scorta, non possiamo campare come gli altri comuni mortali, siamo troppo preziosi per i destini del Paese.

A gente che si giustifica così, che altro le vuoi dire, a parte un pernacchio da avanspettacolo?

La situazione da reparto psichiatrico dei super-privilegiati

Non scomoderemo l'arci-abusato aforisma di Flaiano, quello della situazione grave ma non seria, anche perché qui la situazione non è né grave né seria, ma da reparto psichiatrico: gente che di professione fa la super-privilegiata, azzarda comportamenti oltre il limite della strafottenza, sicura che il popolo bue alla fine abbozzerà, se addirittura non li porterà in trionfo.

IL DIO DENARO. I calciatori, più avidi di zio Scrooge – dei quali un campione vero, Gianni Rivera, ha detto «Il dio denaro oramai ha divorato anche il buon senso» – destano sconcerto e sarcasmo, ma non mancano i fresconi che invece li sostengono, si scaldano per loro.Perché non tassarci noi tutti, amici, e coprire un tanto a famiglia il deficit da contributo che questi proprio non vogliono scucire?

ITALO E LE BUNGHESSE.
Quanto all'azzimato Bocchino, che a volte ricorda il gagà di Montesano («Oh come mi sono divertito, oh come mi sono divertito»), già nell'orbita di Berlusconi, del quale poi diventò uno dei più accesi censori (i Bunga bunga non si fanno, ma le bunghesse si possono benissimo frequentare: Bingo!), è palmare la nonchalance per chi dovrebbe (ri)votarlo, e, di concerto, la certezza non scalfibile che, alla fine, lui i suoi voti in un modo o nell'altro li razzolerà comunque.
E sarà pure vero che la politica non è né migliore né peggiore, ma solo la continuazione della società civile con altri mezzi, ma non è una gran consolazione.

POPOLO, SVEGLIATI.
Ecco, si dice spesso che il popolo, sovrano soltanto di ubbidire, ha solo le adunate di piazza per farsi sentire a fronte di dinamiche di casta che fanno impallidire quelle della società indiana; ma se, invece, cominciassimo noi a impallinarli con una serie di scioperi mirati, chirurgici, che si potrebbero chiamare «Sciopero degli apoti» (quelli che non la bevono, dall'omonima società di Prezzolini), oppure «Sciopero della memoria lunga», o anche «Sciopero delle scatole piene»?

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