sabato 27 agosto 2011

Toh, Formigoni si è accorto della Minetti

Il governatore della Lombardia si prepara per il dopo Berlusconi.

Uno potrebbe anche consolarsi all'idea del meglio tardi che mai, in fondo c'è sempre tempo per ravvedersi e provvedere di conseguenza. Certo che l'intemerata di Roberto Formigoni contro Nicole Minetti («Ai nostri elettori ha fatto più male lei di Ruby», ha dichiarato il presidente della Lombardia), un anno e mezzo dopo l'ingresso della signorina al Pirellone, desta qualche malizioso sospetto.

SFOGO CON I GIORNALISTI. Del tema, ma anche di altro, il governatore ha parlato in libertà a margine del Meeting di Rimini, e guarda caso ha scelto di sfogarsi non con i compagni di partito ma con i giornalisti, avvisandoli prima che la chiacchierata era confidenziale.
Ora, siccome Formigoni sa benissimo che chiedere la confidenzialità ai giornalisti è come chiedere al Cav di non guardare le donne, è chiaro che voleva dare massimo risalto al contenuto della conversazione.
Intenzione politicamente a doppio taglio. Perché, pur apprezzando la tardiva consapevolezza, uno potrebbe chiedergli dove stesse prima - ovvero se non si fosse mai accorto che Minetti sedeva tra i banchi del suo consiglio regionale - e soprattutto chi l'avesse mandata lì.

IL PARTITO DELLA LIBERTÀ. Per inciso, se fossimo nei panni della signora, qualche spiegazione gliela chiederemmo, in particolare là dove il presidente lombardo le attribuisce - ed è una bella gara - danni maggiori di quelli provocati dalla presunta nipote di Mubarak.Ma tant'è, nessuno avrà niente da ridire, perché il Pdl oggi non esiste o, se volete, si è trasformato in un vero partito della libertà di dire e fare la prima cosa che ai suoi adepti passa per la testa.
Sempre per inciso, le cronache che cercano di dare un contorno a una manovra finanziaria ancora tutta in alto mare, sono una grottesca testimonianza dell'anarchia che imperversa nel partito al governo.

UNA GUERRA INTESTINA. Però, siccome Formigoni è un navigato protagonista della politica, il suo affondo di Rimini la dice lunga sulla lotta interna per la successione allo sfibrato Berlusconi. Venuto meno Tremonti, cui persino un'anima cheta come l'ex ministro Sandro Bondi rinfaccia sardonico la rovinosa caduta in basso, il governatore sente di potercela fare.
Dopo anni di ambizioni romane frustrate, che per converso ne hanno fatto il più longevo governatore italiano (alla fine di questo mandata saranno 25 gli anni passati alla guida del Pirellone), Roberto sente che sta maturando il tempo del grande salto.

IMMAGINE MENO VECCHIA. Una sensazione che lo ha trasformato anche antropologicamente: corre, fa le diete, si veste come  un adolescente di Happy Days, si fa intervistare anche dalla gazzetta di Brembate. Insomma, ha fatto di tutto, internet compreso, per togliersi di dosso l'immagine del politico parruccone, senza tuttavia rinunciare ad intessere quella formidabile rete che è alla base del suo longevo potere.
E rispetto alla gerontocrazia imperante, nonostante i suoi 64 anni, cioè uno in meno  dalla fatidica soglia in cui una persona normale va in pensione, può quasi dirsi un giovane.

PRONTO A FARE IL SALTO. Su quello che vuol fare da grande, Formigoni non si è nascosto. «Ho fatto dei sondaggi», ha detto, «e ho scoperto di essere forte al Nord e abbastanza nel Sud, mentre la mia debolezza è proprio nell'ex Stato Pontificio».
Detto altrimenti: le gerarchie d'Oltretevere non lo amano. O per lo meno lo amano molto meno di una volta, preferendogli probabilmente il più docile Maurizio Lupi, ciellino in ascesa, ma ancora troppo Berlusconi-dipendente per potergli competere.

Animale politico che fiuta il sangue, il governatore è come un condor che gira intorno al corpo agonizzante del capo. Del resto sono tutti bravi, questi ex democristiani, a saltare per tempo dalla barca che affonda. Ci fosse una volta che lo fanno prima...
Giovedì, 25 Agosto 2011

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