venerdì 6 maggio 2011

Pakistan, fuoco alla bandiera americana

A Quetta e Islamabad la folla rende omaggio al «martire» bin Laden.

Migliaia di persone sono scese in piazza il 6 maggio a Quetta nel Pakistan sud-occidentale per «rendere omaggio» a Osama bin Laden  e chiedere la jihad contro gli Stati Uniti. La dimostrazione è stata indetta dal partito islamico Jamiat-Ulema-e-Islam (Jui) in concomitanza con la mobilitazione generale convocata per lo stesso 6 maggio al termine della preghiera del venerdì da Jamaat-e-Islami (Ji), il principale schieramento di opposizione islamica pachistano.
I manifestanti hanno inneggiato al leader di al Qaida, e dato fuoco a bandiere a stelle e strisce.

«Onore a un martire della jihad»
«Osama Bin Laden è il nostro eroe,
è un martire della jihad», si sente dire da molti fedeli usciti dalla preghiera del venerdì nella Moschea rossa di Islamabad, già teatro di un sanguinoso scontro tra fondamentalisti islamici e forze pachistane nel 2007.
«Osama ha cominciato la jihad contro l'America, per questo è il nostro martire», ha detto il giovane Saif usando toni pacati, e Malik ha ribadito: «Osama non è stato ucciso, è un martire».

CAOS CALMO. Calma l'atmosfera all'esterno del luogo di culto, nonostante l'assembramento di un centinaio di fedeli e di qualche giornalista locale e straniero. Non mancano però le prese di posizione contro gli Stati Uniti: «Sono contro il popolo musulmano», ha detto un altro fedele, mentre Miaz ha puntato il dito contro il proprio governo per non aver saputo difendere la sovranità nazionale del Pakistan in occasione del blitz americano in cui è stato ucciso il leader di al Qaeda: «Proviamo vergogna per la nostra nazione e il nostro esercito», ha detto.

FUORI DAL CORO: «OSAMA ERA UN ASSASSINO». Ma non mancano voci fuori dal coro come quella di un uomo vestito elegantemente che, in disparte, ha sussurrato: «Sono d'accordo con l'operazione americana, ma non lo posso dire apertamente», ha detto all'Ansa. «Bin Laden era un terrorista, contro la democrazia e contro gli stessi musulmani».

Gli afghani contro l'integralismo talebano
Molte migliaia di persone, appartenenti a partiti e movimenti di opposizione al governo del presidente Hamid Karzai, sono invece intervenute a Kabul a un incontro per la giustizia «per sottolineare la loro contrarietà ad accordi di pace e riconciliazione con i talebani. In una delle manifestazioni di piazza più importanti degli ultimi tempi, indica Tolo Tv, hanno preso la parola ieri l'ex candidato presidenziale Abdullah Abdullah e l'ex capo della Direzione nazionale per la sicurezza (Nds), Amrullah Saleh.

«I TALEBANI NON SONO NOSTRI FRATELLI». In Afghanistan, davanti ad un pubblico formato prevalentemente da persone appartenenti alle province del nord e al Panjshir quasi tutte riconoscibili per nastri e bandiere verdi, Saleh ha apertamente criticato il capo dello Stato quando ha sostenuto fra l'altro: «Lei chiama i talebani fratelli, ma qui siamo davanti ad una oppressione della nostra nazione. Quelli non sono nostri fratelli».

AL QAEDA E I TALEBANI SONO TERRORISTI. Dopo aver ribadito che «Al Qaeda e i talebani sono terroristi», l'ex capo dei servizi di intelligence afghani ha concluso che «se il governo non ci ascolterà, torneremo presto ad occupare le piazze del paese». Da parte sua Abdallah, leader della coalizione Cambiamento e Speranza, ha sostenuto che «non dovremmo pregare rivolgere preghiere a gente che si è messa dalla parte del terrorismo agli ordini di servizi segreti stranieri per rovinare il paese. La nostra dignita e reputazione» ha concluso « non ci permette di fare richieste con le mani giunte ai talebani».

Al contrario in Pakistan, nel suo appello dei giorni scorsi, il leader del partito, Syed Munawar Hasan, ha chiesto «a tutta la nazione di unirsi alla protesta contro l'ingerenza sempre più massiccia degli Stati Uniti nel Paese, le gravi minacce per l'indipendenza» del Pakistan, ma anche contro «l'atteggiamento servile dei governanti», si legge sul sito della Jamaat-e-Islami.

Hasan ha denunciato che «le cose sono andate molto al di là degli attacchi con i droni e che gli Stati Uniti avevano dichiarato guerra aperta» al Pakistan «non sentendo la necessità di informare il governo e l'esercito di un'operazione diretta all'interno del Paese».
Considerazioni che hanno di poco anticipato un attacco condotto da droni statunitensi nella regione del Nord Waziristan al confine con l'Afghanistan dove il 6 maggio sono rimasti sul campo otto presunti militanti integralisti.
 06 Maggio 2011

lettera43.it/manifestazioni-in-afghanistan-e-pakistan

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