Stop ai lavori per un'azienda vicina al Carroccio e impegnata nella costruzione della tangenziale a Novellara. Evento che ha scosso il mondo politico. E che ha portato il prefetto di Reggio Emilia a dire senza mezzi termini: "La mafia nella nostra provincia c'è".
Le infiltrazioni mafiose – o i tentativi – al Nord continuano a destare allarme nella politica. Questa volta la bufera si abbatte sul Reggiano. Proprio ieri, durante un convegno della Cna il prefetto di Reggio Emilia, Antonella De Miro, ha rilanciato: “A Reggio la mafia c’è”. A corollario dell’ultima notizia che riguarda lo stop imposto dalla Dia all’appalto per la costruzione della circonvallazione a Novellara. Evento che ha scosso il mondo politico. Le amministrazioni locali hanno chiesto di “continuare i lavori della tangenziale”. L’ex vicesindaco di Guastalla ed ex leghista Marco Lusetti, espulso dal Carroccio la scorsa estate e fondatore del movimento “Agire Comune”, ha difeso a spada tratta la ditta che ha vinto l’appalto. Nessun commento sulla vicenda è arrivato ad oggi dal segretario della Lega Nord Emilia, l’onorevole leghista Angelo Alessandri, presidente della Commisione lavori pubblici ed Ambiente della Camera dei Deputati ed originario di Guastalla, paesi a pochi chilometri dal Po e da Boretto. Invece il consigliere regionale Andrea Defranceschi (Movimento 5 Stelle) annuncia una interrogazione in Regione chiedendo il “check-in” di tutti gli appalti sulle estrazioni di sabbie dal Po negli ultimi anni.
Ma qual è il punto di tutta la vicenda? E perché imbarazza così tanto la Lega? Riguarda Novellara, appunto, paese della provincia di Reggio Emilia, e quella che gli ambietalisti la chiamano la “tangenziale discarica”. Un progetto partorito all’inizio del millennio tra le contestazione in primis da Legambiente, in quanto il finanziameno di questa opera pubblica è nato come compensazione per l’ampliamento della locale discarica gestita dalla municipalizzata pubblica Sabar spa di cui il Comune è socio.
Su quest’opera pubblica, cavallo di battaglia di tutti i sindaci di centrosinistra degli ultimi dieci anni, è arrivato lo stop dell’antimafia. Il 23 marzo scorso alla Prefettura di Reggio Emilia è stata consegnata una dettagliata relazione, arrivata dopo la richiesta degli accertamenti sui cantieri, disposti dalla Direzione investigativa antimafia di Firenze. Controlli attivati a metà febbraio tramite il prefetto De Miro. Le indagini hanno portato alla sospensione dell’appalto e alla revoca della certificazione antimafia alla ditta Bacchi di Boretto, notissima in zona anche per le escavazioni nel Po fortemente contestate da associazioni ambientaliste come Legambiente. Una ditta la Bacchi spa nota anche per gli ottimi rapporti istituzionali con diversi politici in primis con quelli della Lega Nord, tanto che il Carroccio nel 2006 ricevette un regolare finanziamento di 5.000 euro registrato alla Camera dei Deputati.
Agli investigatori del centro operativo del capoluogo toscano era stata segnalata la presenza nel cantiere di soggetti vicini alla criminalità organizzata. Le ispezioni hanno dato esito positivo. Da quanto è emerso l’azienda di Boretto avrebbe assegnato due subappalti ad imprese con sede in provincia di Parma, il Consorzio edile M2 di Soragna e la Tre Emme Costruzioni di Roccabianca. La Direzione investigativa antimafia ha ricostruito che le due le imprese sono collegate alla famiglia Mattace di Cutro, ritenuta dagli investigatori molto vicina al clan Grande Aracri.
Secondo quanto emerge dai documenti della Prefettura, nell’assegnazione di questi lavori alle ditte riconducibile ai Mattace, la Bacchi avrebbe eluso in maniera consapevole la legge antimafia per il controllo dei subappalti. Le ditte dei Mattace non avrebbero mai ottenuto la certificazione antimafia dalla Prefettura.
La legge prevede che l’obbligo dell’autorizzazione antimafia scatta solo per subappalti di importo superiore ai 155 mila euro. E’ stato così, come emerge dall’ispezione, che la Bacchi avrebbe aggirato l’ostacolo. Spezzando il subappalto tra le due ditte: 50mila euro di lavori al Consorzio M2 e 130mila euro alla Tre Emme.
Ma non è finita qui. Ispezionando il cantiere le forze dell’ordine hanno trovato Giuliano Floro Vito. Chi è ? E’ l’ex cognato di Domenico Mattace, il presidente della TreEmme e considerato dagli inquirenti un elemento di grande spessore criminale, legato al clan della n’drangheta dei Dragone e poi dei Grandi Aracri, già posto agli arresti nel 2001 e poi assolto per l’operazione “Scacco Matto”, finito poi in manette per usura nell’aprile 2010. Per questa vicenda Floro Vito, per la legge dovrebbe essere agli arresti domiciliari e sorvegliato speciale. Peccato che si trovasse sul cantiere di Novellara come dipendente della Tre Emme.
Dalle fatture poi risulta che la Bacchi ha versato alla Tre Emme 161 mila euro. Una cifra superiore a quello concordata. In particolare maggiore alla soglia che fa scattare l’obbligo di certificazione antimafia. Altra anomalia. L’azienda di Boretto ha chiesto alla stazione appaltante, Iniziative Ambientali, società mista che vede tra i soci le municipalizzate Sabar Spa, Iren Spa e Unieco, di poter procere all’affidamento del subappalto solo il 21 giugno 2010. Ma i Bacchi avevano già firmato il contratto con la ditta dei Mattace da circa un mese e mezzo.
16 aprile 2011
ilfattoquotidiano.it/l'antimafia-blocca-azienda-che-finanzio-la-lega
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