Verrà presto desecretato il documento del 1995 in cui la presidenza del Consiglio, guidata da Dini, stanzia centinaia di milioni per il Sismi per seguire i traffici di armi e di rifiuti.
Verrà tolto presto il segreto di Stato sul documento che proverebbe come l’allora Sismi, oggi Aise, sia intervenuto nella gestione del traffico e dello smaltimento dei rifiuti tossici.
Nel documento, portato alla luce da Terra nei primi giorni del 2011, si fa un esplicito riferimento anche al traffico di armi. Il documento è datato 11 dicembre 1995 e rivela che il governo di allora, guidato da Lamberto Dini, avrebbe destinato una somma ingente di denaro (centinaia di milioni) al nostro servizio segreto per «lo stoccaggio di rifiuti radioattivi e armi». Il documento è ora agli atti della Commissione presieduta da Pecorella, numero di protocollo 294/55.
Commissione che ha già investito della questione il Copasir, l’organismo di controllo sull’attività dei servizi segreti guidato da Massimo D’Alema. Nel rileggere la vicenda, non si può non notare la coincidenze di alcune date. La prima, quella più ovvia, è che sono passati oltre 15 anni dalla stesura del documento. Quindi, il vincolo della riservatezza non aveva più ragione di essere. Perché, invece, si è dovuto aspettare la denuncia del nostro giornale?
Ci sono, poi, coincidenze temporali strettamente legate alla vicenda delle navi dei veleni. Nel 1994, quindi un anno prima dell’intervento della presidenza del Consiglio, Legambiente aveva scoperchiato la pentola dei traffici illeciti nelle acque del Mediterraneo, facendo partire le prime denunce sulla vicenda. Inoltre, nel 1995, il giorno dopo che il documento era partito dagli uffici della presidenza del Consiglio avviene un episodio che segnerà per sempre le indagini sulle navi dei veleni: la morte del capitano Natale De Grazia. Un decesso che, anche a distanza di anni, viene definito «sospetto» anche dagli stessi magistrati impegnati in prima linea nelle indagini.
De Grazie è il braccio (e spesso anche la mente) del pool investigativo coordinato dal procuratore di Reggio Calabria Francesco Neri. Deve portare avanti l’inchiesta, che sente vicina a una svolta. Vuole chiudere presto. Perché troppe cose intorno a lui non girano come dovrebbero.
Pochi giorni prima di partire, aveva confidato di temere per la sua vita. E di mal sopportare la presenza dei servizi segreti (per lui «deviati») negli uffici della procura di Reggio. Quella dei servizi segreti è una presenza costante in tutta la vicenda delle navi dei veleni. Sembra, infatti, ormai provato che la vicenda dei traffici dei rifiuti sia stata un affare di Stato. È certa la presenza di agenti dei servizi, come quella di politici e imprenditori senza scrupoli. Ma, anche, di faccendieri la cui attività diviene di fondamentale importanza per unire realtà, apparentemente, inconciliabili.
Nei giorni scorsi, sono state ufficialmente riaperte le indagini sulla morte di Ilaria Alpi. Una morte legata alle sue inchieste sui traffici di rifiuti. E, forse, di armi. Un mistero che si lega indissolubilmente con le attività di Giorgio Comerio, il faccendiere salito agli onori della cronaca negli anni Novanta perchè, con la sua Oceanic Disposal Management (Odm), una società registrata alle Isole Vergini Britanniche, offre agli Stati di mezzo mondo un sistema per smaltire le scorie nucleari: inabissarle in acqua inserendole all’interno di grossi e pesanti penetratori. In casa di Comerio venne ritrovato il certificato di morte di Ilaria Alpi.
Nei giorni scorsi, però, il maresciallo dei carabinieri Domenico Scimone, del pool di investigatori della Procura di Reggio Calabria, ha rivelato che durante la perquisizione del 12 maggio del ‘95 a casa di Comerio, in una cartella gialla con l’intestazione Somalia fu trovato un dispaccio di agenzia con la notizia dell’omicidio di Ilaria Alpi.
Secondo Legambiente, «Comerio e i suoi soci avrebbero gestito, dietro il paravento dei “penetratori”, un traffico internazionale di rifiuti radioattivi caricati su diverse “carrette” dei mari fatte poi affondare, dolosamente, nel Mediterraneo ». Secondo Gaetano Pecorella, presidente della commissione ecomafie, «per capire se la morte della giornalista Ilaria Alpi sia collegabile ai traffici di rifiuti radioattivi bisogna trovare e ascoltare Giorgio Comerio. Il problema – ha precisato il parlamentare del Pdl – è trovarlo, dal momento che da anni molti ci provano e nessuno ci riesce». Giorgio Comerio, uomo ritenuto vicino ai servizi segreti italiani e argentini, vive ormai da anni in Tunisia e non è mai stato ascoltato dalle commissioni parlamentari. L’uomo sembra godere di una sorta d’immunità. A dispetto da quanto affermato dallo stesso imprenditore, che proprio ieri ha scritto al sito internet Strilli.it, lamentando una sorte di persecuzione mediatica nei suoi confronti. E vantandosi di essere sempre uscito pulito da tutte le inchieste.
Su Giorgio Comerio, invece, pende dal 2002 una condanna a tre anni, undici mesi e 18 giorni da parte della Corte d’appello di Bolzano per estorsione e tentato delitto (articoli 629 e 56 del codice penale). Pena ridotta a undici mesi e 18 giorni dopo l’indulto. Ma c’è di più. Anche la Dda di Palermo nel 1996 si interessò a Comerio, arrestato a Bolzano il 28 ottobre dello stesso anno. Indagava proprio sull’attività dell’Odm. Comerio, dal 95 al 97, subì tre sequestri in tre anni. Ad ogni sequestro, emergevano nuovi documenti e elementi di novità sulla sua attività. Perchè solo Palermo chiese le carte del fascicolo sul faccendiere.? Perchè Reggio Calabria tacque?
09 feb 2011 (Vincenzo Mulè, Terra)
9online.it/rifiuti-tossici-e-navi-dei-veleni-segreto-di-stato-presto-rimosso
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