Il 16 marzo, alle ore 15, innanzi al Tribunale di Milano in pubblica udienza sarà discussa la causa promossa da alcuni cittadini elettori italiani per rivendicare il loro diritto ad esprimere il proprio voto in modo eguale, libero e diretto, così come garantito dalla Carta Costituzionale, dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo.
La legge n.270 del 21.12.2005, tristemente nota come “legge porcellum”, viola gravemente il diritto dei cittadini italiani a scegliere liberamente i propri rappresentanti in Parlamento.
Gli articoli 48, 56 e 58 della Costituzione, che disciplinano l’esercizio del diritto di voto, si inseriscono nel principio generale posto dall’ articolo 1, secondo comma, della Costituzione, secondo il quale ”la sovranità appartiene al popolo”, che trova in essi la propria immediata e compiuta applicazione, quanto alle “forme” e i “limiti” per l’esercizio del diritto di voto.
In particolare, l’articolo 48 della Costituzione al fine di garantire il libero esercizio del diritto di voto dispone al secondo comma: “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico” ed al quarto comma: “Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”; il primo comma dell’articolo 56 della Costituzione dispone “La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto” e il primo comma dell’articolo 58 della Costituzione dispone: “I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età”.
Suffragio diretto significa che non vi debbono essere intermediazioni tra il corpo elettorale (il singolo elettore) e i suoi rappresentanti (gli eletti): gli elettori debbono poter scegliere direttamente i propri rappresentanti.
Il fatto poi che lo stesso articolo 56 della Costituzione, quarto comma, stabilisca che la ripartizione dei seggi della Camera si effettua in base alla popolazione di ogni singola circoscrizione elettorale (“..... dividendo il numero degli abitanti della Repubblica ..... per seicentodiciotto e distribuendo i seggi ...sulla base dei quozienti interi .....) conferma il principio, costituzionalmente garantito, di rappresentanza diretta degli eletti nei confronti del corpo elettorale; e, ugualmente, il fatto che l’articolo 48, secondo comma, della Costituzione stabilisca che il voto è “personale”, vuol dire che l'esercizio del diritto di voto non può essere delegato, né ceduto ad altri.
Questa situazione è particolarmente grave, stante anche l’ormai diffusa connivenza tra mafia e politica, tra criminalità organizzata e politica, contro la quale gli elettori non hanno più alcuno strumento a disposizione per poterla contrastare mediante un effettivo e concreto voto di preferenza, che consentirebbe di rifiutare i soggetti compromessi.
Infine, le legge elettorale vigente, limitando fortemente il diritto di voto dei cittadini, appare incostituzionale per violazione dell’art.117 Cost., che impone il rispetto delle norme e dei principi del diritto internazionale e dei trattati sottoscritti, poiché risulta contraria all’art. 3 del Protocollo n.1 allegato alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e a quanto stabilito nel Codice di buona condotta in materia elettorale della Commissione di Venezia secondo cui gli elementi fondamentali del diritto elettorale interno non devono essere modificati nell’imminenza della consultazione elettorale e dovrebbero essere oggetto di una legge di rango costituzionale o di rango superiore alla legge ordinaria e il voto di ciascun cittadino deve essere “uguale”, “diretto”, “libero” ed “effettivo”.
Per tali motivi alcuni cittadini italiani hanno inteso fare ricorso ai Tribunali ordinari italiani perché, previa declaratoria di incostituzionalità della legge n. 270/2005, sia riconosciuto il diritto garantito dalla Costituzione italiana ad un voto diretto, uguale, libero ed effettivo per scegliere i propri rappresentanti in Parlamento, e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo perché sia dichiarata la violazione di quel loro diritto, così come riconosciuto dall’art.3 del Protocollo n.1 allegato alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
L’esito delle azioni intraprese è però di grande e fondamentale importanza per tutti i cittadini italiani, che invitiamo tutti a essere presenti all’udienza pubblica del Tribunale di Milano il 16 marzo per testimoniare la loro volontà di tornare ad essere parte attiva e decisiva della vita e delle sorti del Paese.
L’eventuale rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale della legge elettorale per i motivi denunciati costringerebbe il Parlamento a modificarla, impedendo così di andare al voto con le stesse norme.
3 marzo 2011La legge n.270 del 21.12.2005, tristemente nota come “legge porcellum”, viola gravemente il diritto dei cittadini italiani a scegliere liberamente i propri rappresentanti in Parlamento.
Gli articoli 48, 56 e 58 della Costituzione, che disciplinano l’esercizio del diritto di voto, si inseriscono nel principio generale posto dall’ articolo 1, secondo comma, della Costituzione, secondo il quale ”la sovranità appartiene al popolo”, che trova in essi la propria immediata e compiuta applicazione, quanto alle “forme” e i “limiti” per l’esercizio del diritto di voto.
In particolare, l’articolo 48 della Costituzione al fine di garantire il libero esercizio del diritto di voto dispone al secondo comma: “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico” ed al quarto comma: “Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”; il primo comma dell’articolo 56 della Costituzione dispone “La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto” e il primo comma dell’articolo 58 della Costituzione dispone: “I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età”.
Suffragio diretto significa che non vi debbono essere intermediazioni tra il corpo elettorale (il singolo elettore) e i suoi rappresentanti (gli eletti): gli elettori debbono poter scegliere direttamente i propri rappresentanti.
Il fatto poi che lo stesso articolo 56 della Costituzione, quarto comma, stabilisca che la ripartizione dei seggi della Camera si effettua in base alla popolazione di ogni singola circoscrizione elettorale (“..... dividendo il numero degli abitanti della Repubblica ..... per seicentodiciotto e distribuendo i seggi ...sulla base dei quozienti interi .....) conferma il principio, costituzionalmente garantito, di rappresentanza diretta degli eletti nei confronti del corpo elettorale; e, ugualmente, il fatto che l’articolo 48, secondo comma, della Costituzione stabilisca che il voto è “personale”, vuol dire che l'esercizio del diritto di voto non può essere delegato, né ceduto ad altri.
La nuova disciplina sottrae del tutto all’elettore la potestà di esprimere il proprio voto di preferenza per i candidati compresi nella lista votata e si pone in contrasto con l’articolo 48 della Costituzione, relativamente alla cui valenza la Corte Costituzionale, con la sentenza 2/10 luglio 1968 n. 96 ha testualmente statuito che “in materia di elettorato attivo l’art. 48, secondo comma, della Costituzione ha carattere universale e i principi, con esso enunciati, vanno osservati in ogni caso in cui il relativo diritto debba essere esercitato”.
Essa risulta in contrasto pure col secondo comma dell’art. 48 della Costituzione (il voto è ...... eguale), laddove, per come chiarito dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza n.15/2008, “l’assenza di una soglia minima per l’assegnazione del premio di maggioranza è carenza riscontrabile già nella normativa vigente che, giova ricordarlo, non impone coalizioni, ma le rende possibili”, e la possibilità che una coalizione di piccoli partiti possa superare con minimo scarto liste singole corrispondenti a partiti più consistenti non coalizzati e accedere in tal modo, con una bassa percentuale di voti, al premio di maggioranza, che funge da “moltiplicatore” ai fini dell’assegnazione dei seggi e del numero dei rappresentanti in Parlamento dei voti ottenuti da ciascuna delle liste coalizzate, di fatto attribuendo minor peso e rilevanza al voto espresso per le coalizioni perdenti (disuguaglianza del voto).
L’istituto del collegamento tra liste, attraverso il meccanismo del collegamento, consente ai partiti maggiori di incidere profondamente sul risultato elettorale e sulla effettiva rappresentanza del corpo elettorale e di distorcerne la volontà fino ad escludere dal parlamento, attraverso il rifiuto dell collegamento, una lista o più liste politiche che non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4% su base nazionale, e a riconoscere, invece, una vasta rappresentanza a liste collegate, che rappresentano però percentuali irrisorie e di assoluta minoranza dell’elettorato.
Il sistema elettorale introdotto dalla l.n.270/2005 ha sottratto del tutto all’elettore la potestà di esprimere il proprio voto di preferenza, impedendogli così completamente di scegliere tra i candidati che si presentano per essere eletti quello cui dare il proprio consenso: il rapporto fiduciario tra elettore ed eletto insito nel voto di preferenza risulta dunque definitivamente soppresso. Si badi bene: non vengono qui in discussione le modalità di espressione della preferenza, cioè se uninominale o proporzionale, nelle quali comunque viene consentita una scelta diretta tra i diversi candidati; ciò che si denuncia è che l’attuale sistema elettorale italiano, per come dimostrano anche gli esempi sopra illustrati impedisce qualsiasi collegamento diretto tra elettore ed eletto, al punto che l’elettore non ha alcun potere nel determinare l’elezione dei singoli candidati inseriti in lista, rimessa esclusivamente ai capi del partito o dei partiti legati in coalizione.
La lista bloccata costringe l’elettore ad accettare ciecamente la scelta già fatta dagli organi di partito mediante l’ordine di inserimento dei candidati nella lista presentata e quella che faranno, all’esito della consultazione elettorale, sulla base di interessi, convenienze e connivenze del tutto personali e particolari, tra i candidati eletti in diverse circoscrizioni: a lui è rimessa solo la scelta tra il “prendere” ( e così andare a votare per “non si sa chi”) o “lasciare” (e rinunciare così ad un diritto-dovere fondamentale di ogni ordinamento democratico).
Infine, le legge elettorale vigente, limitando fortemente il diritto di voto dei cittadini, appare incostituzionale per violazione dell’art.117 Cost., che impone il rispetto delle norme e dei principi del diritto internazionale e dei trattati sottoscritti, poiché risulta contraria all’art. 3 del Protocollo n.1 allegato alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e a quanto stabilito nel Codice di buona condotta in materia elettorale della Commissione di Venezia secondo cui gli elementi fondamentali del diritto elettorale interno non devono essere modificati nell’imminenza della consultazione elettorale e dovrebbero essere oggetto di una legge di rango costituzionale o di rango superiore alla legge ordinaria e il voto di ciascun cittadino deve essere “uguale”, “diretto”, “libero” ed “effettivo”.
Per tali motivi alcuni cittadini italiani hanno inteso fare ricorso ai Tribunali ordinari italiani perché, previa declaratoria di incostituzionalità della legge n. 270/2005, sia riconosciuto il diritto garantito dalla Costituzione italiana ad un voto diretto, uguale, libero ed effettivo per scegliere i propri rappresentanti in Parlamento, e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo perché sia dichiarata la violazione di quel loro diritto, così come riconosciuto dall’art.3 del Protocollo n.1 allegato alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
L’esito delle azioni intraprese è però di grande e fondamentale importanza per tutti i cittadini italiani, che invitiamo tutti a essere presenti all’udienza pubblica del Tribunale di Milano il 16 marzo per testimoniare la loro volontà di tornare ad essere parte attiva e decisiva della vita e delle sorti del Paese.
L’eventuale rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale della legge elettorale per i motivi denunciati costringerebbe il Parlamento a modificarla, impedendo così di andare al voto con le stesse norme.
liberacittadinanza.it/legge-elettorale-ricorso-alla-corte-europea
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