Il presidente va in tv e dice di voler guidare la transizione fino alle elezioni di settembre. E annuncia di voler trasferire i suoi poteri al suo vice, Omar Suleiman. Incertezza per le mosse dell'esercito a cui El Baradei chiede di intervenire
IL CAIRO - L'invito, assordante, che arriva dalla folla è uno solo: "Vattene". Ma Mubarak non si dimette. Il presidente egiziano, dopo giorni di sanguinose proteste non si arrende. E nonostante la pressione della piazza e dell’esercito, va in tv ma non per dare l'addio. Si limita ad annunciare di voler trasferire i poteri al suo vice Suleiman e a promettere la riforma di cinque articoli della Costituzione egiziana e l'abolizione di un sesto. Affermando di "non accettare i dettami che vengono dall'estero", chiedendo scusa "alle famiglie delle vittime della repressione della polizia: il sangue dei vostri martiri non è stato versato invano". Poi, la promessa di non candidarsi alle prossime elezioni a settembre: "Farò in modo che ci siano tutte le condizioni per tenere elezioni libere e trasparenti in Egitto", dice. Il senso del suo discorso è tutto giocato sulla voglia di resistere e la possibilità di un'uscita di scena alle sue condizioni. Una notizia che fa infuriare le centinaia di migliaia di persone riunite in piazza Tahrir. Che si aspettavano l'abbandono immediato del rais. Ha cercato di calmarli proprio Suleiman, intenrvenendo anche lui alla tv e chiedendo di "Guardare avanti uniti nell'interesse dell'Egitto" e pregandoli di tornare a casa. Richiesta che è stata accolta da nuove urla di dissenso dai manifestanti, un gruppo dei quali si sarebbe diretto verso la sede della tv di Stato. E a dare voce al pensiero di molti, a notte è giunto un appello di El Baradei all'esercito: "L'Egitto sta per piombare nel caos - ha detto il premio Nobel - chiedo all'esercito di intervenire per salvarlo, e di farlo ora". Di fatto un invito a destituire il presidente.
La giornata. Nel pomeriggio un comunicato del Consiglio supremo delle forze armate aveva annunciato "l'avvio delle misure necessarie per proteggere la nazione e sostenere le legittime richieste del popolo". Una formula che ricalcava i messaggi con cui nel mondo arabo sono spesso iniziati i colpi di Stato. Poi era stata la volta del segretario generale del suo Partito democratico nazionale, Hossam Badrawi: "Mi aspetto che il presidente risponda alle domande del popolo, perché alla fine ciò che conta per lui è la stabilità del Paese, la poltrona non è importante". Infine si facevano vivi i Fratelli Musulmani preoccupati per il rischio di un golpe militare.
Esercito in piazza. Nel pomeriggio un comandante dell'esercito aveva dato la notizia ai manifestanti in piazza Tahrir e le sue parole avevano scatenato scene di grande gioia. "Tutto ciò che volete sarà realizzato", aveva affermato il generale Hassan al-Roweny, che comanda l'esercito per la regione centrale, mentre si diffondeva l'annuncio del premier Ahmed Shafiq secondo il quale Mubarak si sarebbe dimesso da presidente nelle ore successive. Roweny ha poi chiesto alle migliaia di manifestanti che affollano la piazza di cantare l'inno nazionale e mantenere il Paese sicuro.
Obama. Gli Usa sosterranno una "transizione ordinata" verso uno stato di diritto. Lo ha detto il presidente Barack Obama prima del discorso del raìs. "Siamo testimoni di un momento chiave nella storia dell'Egitto, la gente chiede un cambiamento". Il presidente Usa ha sottolineato che "il cuore delle manifestazioni sono stati i giovani, una generazione che vuol fare sentire la propria voce. L'America - ha concluso - farà di tutto per sostenere una transizione ordinata verso uno stato di diritto".
Le voci della fuga e l’annuncio in tv. Intanto la tv mostrava le immagini di un incontro tra Mubarak e Suleiman nel palazzo presidenziale di Heliopolis. Mentre si rincorrevano voci di una fuga del rais a Sharm-el-Sheikh o di un suo trasferimento in una base militare vicino alla capitale. Poi l’annuncio del rais. E la rabbia della piazza. Sotto gli occhi dei militari seduti sui carri armati. E resta da capire se l'esercito, che oggi è uscito allo scoperto, non voglia assumere un ruolo ancor più definito.
10 febbraio 2011
repubblica.it/esteri/mubarak
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