Si conclude la nostra iniziativa sui racconti dall'estero. "Siete incapaci di giudicare la vostra condizione". E tra sogni di rivoluzioni pacifiche e rabbia per l'indifferenza percepita, non manca l'ottimismo
ROMA - Senza coraggio o indifferenti? Scoraggiati o impauriti? A leggere le migliaia di mail giunte al nostro indirizzo vistadafuori@repubblica.it, gli italiani di oggi sono un popolo di Don Abbondio, smarriti in un contesto gattopardesco. Certo, è fin troppo facile fare i coraggiosi da fuori. Ma si può rispondere con altrettanta solerzia che per decidere di lasciare casa propria, di coraggio ce ne vuole, eccome.
E comunque, gli italiani che hanno scelto di andarsene non dicono queste cose a cuor leggero. Tra chi racconta di un paese incomprensibile e triste 1, e chi parla di una nazione che sarà presto in via di sviluppo 2, tra le mail dei nostri lettori sono tanti gli argomenti che danno dispiacere anche a chi sta lontano, anche a chi è partito da molto. E che vissuti da emigrati, possono fare più male della lontananza stessa.
"Vi manca il coraggio di cambiare". Luca scrive poche righe dalla Francia: "E' brutto da ammettere, ma non è Berlusconi che ha cambiato la società italiana: lui è lo specchio e il prodotto della stessa. Berlusconi ha capito come la nostra società stava cambiando, e ha dato al popolo quello che il popolo voleva. E ora lo rappresenta più che degnamente". Breve ma intenso, come Roberta da Amsterdam: "Siamo diventati una barzelletta non tanto per i comportamenti ridicoli del Premier, ma perché da fuori ci vedono come un popolo di smidollati che ha smesso di reagire da anni, che accetta tutto passivamente". Il mondo ci percepisce, quando ci percepisce, incapaci di prendere in mano il nostro destino. Tanto da rifugiarsi nell'inconscio. "Sogno una rivoluzione pacifica", scrive Mario da Bruxelles. "Sogno il telegiornale che racconta di nessun morto e di nessun ferito, della polizia che si unisce alle proteste. Di un colpo di stato senza vittime, dove il popolo – se mai ve ne fosse uno – dimostra la propria frustrazione, il proprio 'non ce la facciamo più'".
Ma Bruno da Londra ritorna alla realtà ammette a malincuore: "Quello che il 99.9% dei non-italiani ti chiede è "Ma come e' possibile che Berlusconi sia ancora al potere?"... Di solito per spiegare la butti sulla mancanza di una libera informazione e sull'assenza di opposizione politica, per non dover parlare male dei tuoi connazionali. Purtroppo la faccenda è piu' complessa e la responsabilita' e in buona parte anche degli italiani. Ma questo a uno straniero non lo dici".
Da Parigi, la mail di Tiziana ipotizza una mancanza di interesse dell'italiano ormai verso sé stesso e non solo verso la società, come se l'impunità percepita del potere fosse una scusa per non preoccuparsi della propria condizione. "E’ come se voi italiani d’Italia non riusciste più a guardarvi allo specchio da soli", dice la lettrice, "a giudicarvi per quello che siete e a mettere a confronto l’immagine attuale con quella ideale, sperando che ce ne sia una. Dove sono finite la coscienza morale e critica del popolo italiano?". Insomma il sistema-paese risente inevitabilmente del sistema-individuo. E la domanda con cui si chiude la mail è in realtà una risposta: "Non sarebbe stato più utile chiedere agli italiani che sono all’estero come vedono gli italiani che sono in Italia?".
Silvia dall'Olanda propone di utilizzare la ricorrenza dei 150 anni d'Italia come punto di ripartenza per gli italiani: "Direi che l'Italia e noi italiani tutti, dovremo andare oltre la commemorazione e chiederci non cosa sia l'Italia, ma chi siano gli italiani. Un popolo che per accettare quello che sta accettando deve aver messo il proprio senso della morale e del decoro sotto al tacco dello stivale". Roberto da Parigi non dimentica vecchi slogan: "Il "miracolo italiano", promesso nel '93 e oggi sotto i nostri occhi, consiste nel far accadere l'inimmaginabile. Un miracolo che nessuno dei cittadini stranieri con cui ho parlato ci invidia".
Cittadini o sudditi? Per Roberto dalla Spagna, è tutta una questione di definizioni. "La differenza sostanziale risiede nel fatto che "all’estero" - concedetemi la generalizzazione - i cittadini sono, appunto, cittadini coscienti di essere soggetti di diritti e doveri verso lo Stato. In Italia i cittadini sono o si comportano ancora come dei sudditi. É un grave problema di immaturitá civile, prima che democratica, dovuta a questioni storiche ampiamente conosciute". E ai motivi secolari, si aggiunge un presente che sembra reiterarli. Michela dal Regno Unito vede lo strapotere del potente di turno, nella mancanza di interesse generale: "Esprimo a gran voce la mia rabbia per un paese che non vuole svegliarsi e combattere per i valori civili che sono la base nella vita di una persona e di una nazione. Guardo il triste spettacolo Italia, con i suoi attori grotteschi, che ancora continuano a credere di essere al centro di una scena importante. Non sono Berlusconi e i suoi infiniti scandali che mi angosciano, ma l'indifferenza e la mancanza di coraggio degli Italiani, soprattutto di quelli che hanno il potere per fare sentire la propria voce, e non lo fanno". Un copione infinito e sempre uguale. E' questo il destino del Paese? Adalgisa da Montréal chiude con una nota positiva la sua mail: "Io penso di sì. Scusate l'ottimismo, ma penso che ci possa essere un Presidente Obama tra gli Italiani. D'altronde manco gli americani pensavano che ce ne fosse uno tra loro dopo 8 anni di Bush".
(24 gennaio 2011)
repubblica.it/
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