JOHANNESBURG - Il Pil italiano crescerà nel 2011 dell'1% e nel 2012 dell'1,3%. È la stima del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che lascia invariata rispetto a ottobre 2010 la previsione per quest'anno, ma lima al ribasso (-0,1%) quella del prossimo anno.
Le nuove stime, rese note a Johannesburg in Sudafrica, vedono una crescita della zona euro confermata all'1,5% per quest'anno e tagliata anch'essa di un decimo di punto all'1,7% il prossimo anno con l'unico miglioramento stimato (+2 decimi di punto) per la Germania, che nel 2011 crescerà del 2,2% mentre per il 2012 vede confermato il precedente 2%. L'economia globale, secondo le previsioni dell'istituzione di Washington, crescerà del 4,4% (+0,2) con un +4,5% invariato nel 2012. Gli Stati Uniti cresceranno nel 2011 del 3,0% (+0,7%) e del 2,7% (-0,3%) il prossimo anno.
Ripresa a due velocità. Complessivamente, osserva il Fondo, la ripresa economica globale continua ma a due velocità, con le economie avanzate che procedono più lente di quelle emergenti, dove spuntano però "pressioni inflazionistiche e ci sono segnali di surriscaldamento, dovuti ai flussi di capitale". L'Fmi sottolinea dunque il permanere "elevati rischi al ribasso" sull'economia, fra i quali "la possibilità che le tensioni nei paesi periferici dell'area euro si amplino all'Europa, la mancanza di progressi nel formulare piani di risanamento di bilancio di medio termine, il protrarsi della debolezza del mercato immobiliare americano e lo scoppio di potenziali bolle nei mercati emergenti".
Servono piani di risanamento del debito. Per quanto riguarda le ricette anticrisi, l'Fmi chiede ai paesi con elevati livelli di debito, dentro e fuori l'area euro, di compiere progressi con piani di risanamento dei conti di medio termine ambiziosi e credibili. I rischi sul debito sovrano nell'area euro, sottolinea il Fondo, si sono ampliati ad altri paesi. "Gli spread dei titoli di stato in alcuni casi hanno raggiunto massimi decisamente al di sopra dei livelli visti durante la crisi dello scorso maggio. Le pressioni sull'Irlanda sono risultate particolarmente severe, e hanno portato al piano Ue-Bce-Fmi. I legami fra i rendimenti medi dei titoli di Grecia e Irlanda con quelli del Portogallo restano elevati, ma le correlazioni sono aumentate fortemente negli ultimi mesi con i rendimenti spagnoli e, in misura minore, con quelli dell'Italia, con l'intensificarsi delle pressioni sugli spread". Sono inoltre necessari ulteriori rigorosi e credibili stress test sulle banche europee, seguiti da piani di ricapitalizzazione e ristrutturazione per gli istituti che lo necessitano.
Infine, la dimensione del Fondo "salva Stati" europeo "va aumentata e il suo mandato dovrebbe essere più flessibile". In particolare, "per i paesi dove il sistema bancario rappresenta una grande fetta dell'economia, è ora più che mai essenziale assicurare l'accesso a fondi sufficienti", afferma il Fondo, sottolineando che, "il meccanismo di risoluzione deve essere rafforzato se necessario".
Stabilità finanziaria a rischio. Le condizioni finanziarie resteranno stabili o miglioreranno nel 2011, ma la stabilità finanziaria globale resta a rischio, con l'interazione fra i rischi del debiti sovrani e del settore bancario che si sono intensificati. La politica deve assicurare la ristrutturazione dei bilanci delle banche e degli stati, e continuare la riforma del mercato. Secondo le stime dell'Fim, il deficit federale americano si attesterà nel 2011 al 10,75% del pil, più del doppio di quello dell'area euro. Il debito supererà il 110% del pil nel 2016. "L'assenza di un piano credibile e di medio termine" da parte degli Stati Uniti per risanare le finanze pubbliche, spiega il Fondo, potrebbe tradursi "in un aumento dei tassi di interesse, che potrebbe avere effetti negativi sui mercati finanziari e sull'economia globale".
Gran Bretagna, inatteso calo del Pil. Il Pil inglese nel quarto trimestre ha segnato un'imprevista e brusca contrazione, scendendo dello 0,5% su base trimestrale e registrando un rialzo dell'1,7% su scala annua contro previsioni di una crescita dello 0,4% mensile e del 2,6% annuale. È il peggior dato dal secondo trimestre del 2009 e il primo ritorno al passivo dal terzo trimestre del 2009. La contrazione è dovuta soprattutto al settore delle costruzioni, penalizzato in dicembre dall'ondata di gelo e dalle potenti nevicate, e al settore dei servizi. Questa è una pessima notizia per il governo conservatore del primo ministro David Cameron, che puntava su una ripresa vigorosa per compensare i tagli di bilancio di proporzioni senza precedenti e i cui effetti stanno solo iniziando a farsi sentire. Gli economisti sono stati presi di sorpresa: la maggior parte di loro puntava su una crescita più lenta, ma alla fine ancora positiva nell'ultimo trimestre del 2010. Nel terzo trimestre il Pil britannico era cresciuto dello 0,7%. Con primo semestre forte, resta una crescita dell'1,7% su tutto il 2010, contro una previsione ufficiale del 1,8%.
(25 gennaio 2011)
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